Zero euro nella legge di stabilità e il programma nazionale contro la tratta degli esseri umani rischia di essere cancellato con un colpo di spugna. Già da gennaio. Promosso finora dal Dipartimento Pari opportunità, subirà una sostanziale abolizione. A cascata, saranno depennati i progetti locali che si sono inseriti in quel solco. A denunciarlo è la Regione Puglia, che dovrà dire addio al suo piano “Città Invisibili”, nome di calviniana memoria.
La prospettiva è che ritorni il buio nei luoghi a più alta concentrazione di prostitute, persone dedite all’accattonaggio e lavoratori in nero, tutti spremuti come limoni dalla criminalità. Lo dicono le denunce delle stesse vittime, lo dicono le indagini avviate dalla Procure. Per sette anni, le unità di strada attivate con i progetti anti-sfruttamento sono state spesso l’unico presidio per provare ad arginare gli appetiti mafiosi sulle fragilità più estreme. Un pronto soccorso sociale destinato ora al tramonto, per la mancata previsione di una voce di spesa di poco più di 7 milioni di euro per tutto il territorio nazionale. “Sono spiccioli. In Puglia, il costo totale, cofinanziato dalla Regione, si aggira sui 250mila euro. È assurdo che non si riescano a trovare quei fondi proprio mentre esplode il fenomeno tratta e invece, solo per fare un esempio, il senatore Azzolini infila nella legge di stabilità una posta di 10 milioni di euro per il porto di Molfetta, per un’opera in odore di corruzione. Daremo battaglia”. A parlare è Guglielmo Minervini, assessore regionale alla Trasparenza e Politiche giovanili. Al governo Renzi si chiede il ripristino delle risorse, ma al momento sul tavolo c’è solo una vaga promessa di proroga per sei mesi.
È l’ultimo colpo dopo la recente chiusura dell’ufficio tratta nazionale, la progressiva smobilitazione della struttura ministeriale che se ne occupava, l’azzoppamento del sistema di supporto alle associazioni in trincea, che tra il 2013 e il 2014 hanno subito la sforbiciata di 5 milioni di euro al loro budget. Lo aveva ribadito, il 22 settembre scorso, il rapporto del Greta, il gruppo di esperti sull’azione contro la tratta di esseri umani voluto dal Consiglio d’Europa: l’Italia presta “insufficiente attenzione” al problema e, per di più, non si è dotata di un piano nazionale ad hoc e degli strumenti normativi necessari.
Le ripercussioni si faranno sentire, probabilmente, già fra venti giorni. E rischia di sprofondare ancora di più quell’universo dei sommersi fatto di prostitute taglieggiate dal pizzo della protezione, 150 euro al giorno se lavorano in strada, 300 per chi ha il privilegio di ricevere in casa. Storie raggelanti di ragazze sfruttate, avvicinate dai volontari attraverso la distribuzione di materiale informativo, bibite e profilattici. Da lì, l’avvio del dialogo e l’emergere dei bisogni, come quello delle visite ginecologiche, ma solo per le donne di nazionalità rumena e nigeriana. Con le colombiane e domenicane è più difficoltoso instaurare un contatto: turnano troppo spesso, ogni due settimane, e lavorano in strutture prefabbricate e roulotte posizionate lungo le complanari, sotto il controllo diretto dei loro capi.
Sono state 187 quelle che si sono rivolte agli operatori, solo tra Bari e Taranto, il doppio rispetto all’anno precedente. Andrà ad affondare ancora di più anche quel mondo finora ignoto fatto di sessantenni con disagio psichico o fisico, prelevati dai Paesi d’origine e arruolati accanto ai semafori, a chiedere l’elemosina, in cambio di un pasto al giorno, fenomeno che in terra pugliese è stato portato a galla proprio nell’ambito di “Città invisibili”.
E poi ci sono i lavoratori stagionali, quelli impiegati nella raccolta dei pomodori e delle olive. Quest’anno, solo ad Andria, erano in 400 tra marocchini, tunisini, sudanesi e senegalesi, ingaggiati per meno di venti euro al giorno: è l’arcinota piaga degli abusi nelle campagne, da alleviare con le scorte di indumenti e generi alimentari, con le corse in ospedale, con gli interventi per sedare le risse e, purtroppo, anche con i rimpatri delle salme, come è successo per sei giovani magrebini travolti dalle auto in corsa, al buio, mentre facevano ritorno nei casolari abbandonati. È una rete di servizi di orientamento, consulenza, pronto intervento, mediazione, destinata a scivolare nel dimenticatoio e un’accoglienza, quella nelle strutture protette, che andrà a sbattere contro porte chiuse.