La Procura di Ragusa si è convinta della responsabilità di Veronica Panarello nell'omicidio del figlio grazie alla visione delle telecamere, alla sua vicinanza al luogo del ritrovamento, all'episodio delle fascette che la donna ha consegnato alle maestre e sarebbero compatibili con quelle utilizzate per strangolare il bambino di 8 anni, e al suo fragile profilo psicologico
Le telecamere. Le fascette. La vicinanza al luogo del ritrovamento del cadavere. E il suo profilo psicologico. Ruota attorno a questi quattro elementi la decisione della Procura di Ragusa di disporre il fermo, poi confermato dal gip, di Veronica Panarello, che adesso si trova in carcere con l’accusa di aver ucciso Andrea Loris Stival, il figlio di 8 anni strangolato a Santa Croce Camerina lo scorso 29 novembre.
A dirlo sono il procuratore di Ragusa, Carmelo Petralia, e il sostituto Marco Rota, che ricordano che i reati contestati sono di omicidio aggravato e occultamento di cadavere. Tra gli “elementi principali posti dall’accusa a sostegno della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza che sono stati largamente condivisi e valorizzati dal gip c’è il ‘pedinamento elettronico‘”, è quello, ricordano i magistrati, effettuato dalle telecamere di videosorveglianza pubbliche o private di Santa Croce Camerina che ha “attestato in modo obiettivo gli spostamenti di Veronica Panarello la tragica mattina del 20 novembre”. Veronica ha sempre sostenuto che quella mattina ha accompagnato il figlio alla scuola elementare Falcone e Borsellino. Ma secondo la Procura di Ragusa non è vero: dall’inchiesta emerge “l’assoluta inconciliabilità di tali obiettive risultanze con le dichiarazioni rese più volte dalla donna alla polizia giudiziaria e ribadite anche in sede di interrogatorio da parte del pm e del gip”. C’è di più. La mattina del 29 novembre – secondo gli inquirenti – Veronica Panarello è stata “per ben due volte in estrema prossimità” del luogo dove è stato ritrovato il corpo del figlio, Andrea Loris, strangolato e gettato in un canalone nella zona vicina al Mulino Vecchio. La sua Polo nera, secondo i magistrati, si è trovata nei pressi del Mulino Vecchio “in un arco temporale compatibile sia con l’ora del decesso, sia con l’azione di occultamento del corpo esanime”.
Tra le contestazioni dell’accusa c’è anche la “compatibilità del mezzo che ha cagionato la morta, per dimensione e forma, con le fascette stringicavo presenti nell’abitazione della Panarello e consegnate dalla stesa donna, con implausibile giustificazione ed anomala tempistica, alle maestre di Loris”. Il riferimento è alle fascette di plastica da elettricista. Quelle che sono state utilizzate dall’assassino per legare le mani di Loris e per strangolarlo sarebbero compatibili con quelle che la mamma ha consegnato alle maestre due giorni dopo l’omicidio, dicendo che servivano per gli esperimenti in classe.
Ma a pesare sulla posizione di Veronica c’è anche il suo profilo psicologico legato a un passato difficile. “Il fragile quadro psicologico della donna – scrivono i magistrati – non disgiunto da un vissuto personale di profondo disagio nei rapporti con la famiglia d’origine è una possibile concausa della determinazione omicida” di quest’ultima.
Gli elementi raccolti da carabinieri e polizia e messi in ordine della Procura hanno convinto il gip di Ragusa Claudio Maggioni a confermare il fermo per Veronica che resta nella sezione femminile del carcere di Catania. Il giudice per le indagini preliminari parla di “pericolo di fuga” e di “un’indole malvagia” che ha spinto la ragazza ha “uccidere il figlio”, scrive Maggioni. Anche se lei continua a giurare la sua innocenza. E da dietro le sbarre chiede di partecipare ai funerali di Loris.