Un bell’otto e mezzo in informatica se lo meritano, forse anche un nove. Per il resto, rischiano di passare seri guai con la giustizia 13 alunni di un noto istituto tecnico di Bologna. La polizia postale dell’Emilia Romagna, comandata dal dirigente Geo Ceccaroli, ha infatti scoperto che nel corso dell’anno scolastico passato, 2013-2014, i giovani avevano modificato i loro voti sui registri informatici tenuti dai loro professori: dai computer presenti in alcune classi infatti erano riusciti a rubare le password di alcuni insegnanti e a inserirsi poi nelle pagine su cui erano riportate le votazioni. I giovani, di quarta superiore, tutti tra i 16 e i 17 anni (a parte un solo maggiorenne, di 18 anni e ripetente) sono stati deferiti alla Procura dei minori con l’accusa di frode informatica aggravata e falso in atto pubblico commesso da privato, reati per cui si rischiano dai due ai sei anni di reclusione. La cosa ha destato un tale clamore e allarme nella comunità scolastica che persino il ministro della Pubblica istruzione Stefania Giannini ha voluto commentare: “L’informatica è una scienza importante, ma va usata bene”.
Il sistema utilizzato dagli studenti era noto al mondo degli hacker: attraverso dei programmi scaricabili da internet per pochi euro e poi installati sui pc presenti nelle aule, i cosiddetti software keylogger, le giovani talpe informatiche entravano nei registri e modificavano i loro voti. Tuttavia, per evitare che la cosa fosse troppo evidente, i voti non venivano sollevati eccessivamente. Bastava mezzo punto, un punto al massimo aggiunto diverse volte lungo tutto l’anno scolastico, per poi ritrovarsi, nelle materie più temute, un bel 6 a fine anno. Peccato che quando alla fine dell’anno scolastico i professori si sono riuniti per decidere promozioni e bocciature, si siano ritrovati tutte quelle sufficienze in capo a degli zucconi. Due docenti particolarmente solerti, poi, avevano annotato i loro giudizi anche su tradizionali registri cartacei e così hanno scoperto che qualcuno li aveva alterati online.
Subito è stato avvisato il preside che a sua volta ha chiamato la polizia. Nel giro di poche settimane, risalendo ai computer di casa o ai cellulari da cui si erano connessi gli alunni, i poliziotti informatici sono risaliti ai primi cinque hacker, poi pian piano a tutti e 13. Tutti quanti, interrogati, si sono scusati per la loro bravata: non immaginavano la gravità delle loro azioni anche dal punto di vista penale oltre che da quello scolastico. Peraltro pare che gli alunni non abbiano solo alzato i propri voti, ma in un caso, forse per fare uno scherzo, uno di loro si sarebbe messo anche ad abbassare il voto di un compagno più bravo. Le indagini sono ormai sul punto di concludersi. Oltre ai guai con la giustizia minorile alcuni studenti hanno pagato anche a scuola. Tutte le valutazioni su cui c’erano dubbi di “brogli” sono state abbassate, e a tutti gli studenti coinvolti è stato assegnato un 6 in condotta: di conseguenza alcuni, alla fine dell’anno scolastico, sono stati bocciati, altri rimandati.
Tra gli inquirenti che hanno lavorato sul caso intanto c’è un misto di soddisfazione e preoccupazione: “Siamo soddisfatti perché, nonostante la manomissione dei registri scolastici informatici non sia una novità, qui a Bologna per la prima volta in Italia, grazie al lavoro della polizia postale e del sostituto procuratore Claudio Lazzarini siamo risaliti ai responsabili”, ha detto a ilfattoquotidiano.it il capo della Procura dei minori, Ugo Pastore. “Bisogna capire – ha aggiunto – se questi sistemi sono effettivamente permeabili. Se lo sono, occorre allora che le scuole facciano dei passi per rafforzare la sicurezza, magari tarando i sistemi proprio anche in collaborazione con la Polizia postale”. Poi Pastore promette: “Faremo accertamenti anche in altre scuole della regione”.