Francese ed ex dipendente della società di revisione e consulenza fiscale PricewaterhouseCoopers: sono i pochi elementi che emergono sull'identità della presunta "talpa" che con le sue rivelazioni ha innescato lo scandalo
C’è un nuovo capitolo nello scandalo LuxLeaks: l’identificazione e l’incriminazione di chi ha dato il via alla bufera sui furbetti del fisco europeo. Francese ed ex dipendente della società di revisione e consulenza fiscale PricewaterhouseCoopers (PwC): sono i pochi elementi che emergono sull’identità della presunta “talpa” che con le sue rivelazioni ha innescato lo scandalo LuxLeaks, scoperchiando il vaso di Pandora su trattamenti fiscali estremamente vantaggiosi per oltre 370 multinazionali, ed inguaiando il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker, allora premier del Granducato.
La presunta ‘gola profonda’ che per due anni ha lavorato nella filiale lussemburghese della PwC raccogliendo dati riservati sulle deduzioni fiscali miliardarie praticate a società come Disney, Ikea, Pepsi, o Skype (ma nei giorni scorsi erano emersi anche i nomi di Telecom Italia e Fininvest) è stato ascoltato in procura a Lussemburgo per diverse ore. L’uomo è stato accusato di “furto, violazione del segreto professionale, riciclaggio di denaro e accesso fraudolento ad un sistema dati riservato”, prima di essere lasciato a piede libero.
L’inchiesta che ha portato all’incriminazione era stata aperta dalla procura lussemburghese in seguito ad una denuncia contro ignoti che il ramo locale della PwC aveva presentato nel giugno 2012, dopo aver scoperto il furto di documenti nel corso di un servizio televisivo di France 2. Un reportage dedicato all’evasione fiscale nel Granducato che ha rivelato l’esistenza di centinaia di accordi fiscali tra il Lussemburgo e le filiali di multinazionali, che hanno permesso a quest’ultime di non pagare praticamente le tasse.
Secondo i responsabili di PwC, il furto era stato commesso nel settembre 2010 da un ex dipendente infedele, che aveva copiato i dati senza essere notato, fino a quando i giornalisti di France 2 hanno reso noti i documenti che provenivano dalla società di revisione. Ma lo scandalo è deflagrato solo il mese scorso, alcuni giorni dopo l’entrata in carica di Juncker alla guida dell’esecutivo comunitario, quando i media di mezzo mondo hanno cominciato a pubblicare il contenuto delle 28mila pagine di documenti ottenuti dal Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi. Un ciclone che ha investito in pieno l’ex premier del Granducato, che sopravvissuto ad un recente voto di sfiducia all’Europarlamento, è sempre rimasto saldo in sella, deciso a non dimettersi.
Lo ha ripetuto anche all’inizio di questa settimana, quando nel giorno in cui la Commissione Ue giurava davanti alla Corte di Giustizia europea del Lussemburgo, la stampa internazionale ha pubblicato nuove indiscrezioni, inserendo altre 35 multinazionali nella lunga lista dei trattamenti di favore. Intanto, nelle ultime ore, raggiunto da una lettera di 43 giornalisti investigativi che facevano pressing su di lui per una direttiva sul riciclaggio, Juncker ha sollecitato Stati membri ed Europarlamento ad “adottare velocemente la proposta della Commissione per rafforzare le leggi contro il riciclaggio di denaro”.