Seminari, corsi di formazione, anche online. Ecco come il Campidoglio intendeva "rafforzare" l'onestà dei propri dipendenti: controllo serrato sul conflitto di interessi e un tetto per regali a 150 euro. Ma fu affidato a un dirigente che ora risulta indagato nella maxi inchiesta
Avevano perfino approvato un piano triennale di prevenzione della corruzione al Comune di Roma. Più di 90 pagine in cui “Mafia Capitale” prova a darsi un tono nel segno della legalità con regole precise, con una “mappatura e programmi strategici” per l’intera struttura, con corsi di formazione “di base” affiancati “da alcune iniziative di formazione continua” (corsi online). E a ciò seguono un controllo serrato sul conflitto di interessi e addirittura un tetto “per regali o altre utilità non superiore ai 150 euro”. Non è uno scherzo. Anzi. La teoria non fa una piega. Il piano ha infatti l’obiettivo di “ridurre le opportunità che favoriscono i casi di corruzione” e di “creare un collegamento tra corruzione-trasparenza-performance nell’ottica di una ampia di gestione del rischio istituzionale”. E chi era il “responsabile della prevenzione della corruzione”? Italo Walter Politano, che poi è risultato indagato dalla procura di Roma per associazione a delinquere di stampo mafioso.
Il piano, approvato dalla giunta di Roma il 29 gennaio 2014, diventa operativo nei giorni in cui Massimo Carminati e Salvatore Buzzi continuano a diffondere la teoria del “mondo di mezzo” e ad avere rapporti fitti con i politici della Capitale. Sulla base delle indicazioni presenti nel piano nazionale anticorruzione, il Campidoglio “effettua l’analisi e la valutazione dei rischi specifici di corruzione e conseguentemente indica gli interventi volti a prevenirle”. Novanta pagine suonate che fin dalla premessa confermano la linea intransigente del Comune e della struttura. “Come confermato dalle statistiche internazionali – si legge nell’incipit – la corruzione resta un fenomeno molto diffuso nel nostro paese”. Parole che dovrebbe far parte del dna di dirigenti e dipendenti del Campidoglio. “La corruzione, infatti, è la causa di ingenti costi economici ma anche sociali, perché determina la compromissione del principio di uguaglianza, minando le pari opportunità dei cittadini, così da rivelarsi uno dei fattori di disgregazione sociale”. E ancora: “Si stima che se l’Italia avesse avuto un valore nell’indice di percezione della corruzione di Transparency International al livello di uno dei Paesi meno corrotti il tasso di crescita economica sarebbe stato oltre il triplo a breve termine e di circa il doppio a lungo”. E per dimostrare questa affermazione si scomoda perfino a una formula matematica: “C=M+D-T-A”.
E dopo questa rigorosa premessa iniziale, il piano triennale stabilisce un campo di azione perché “il concetto di corruzione che viene preso a riferimento nel presente documento ha un’accezione molto ampia”, indica i “soggetti destinatari” (dirigenti e dipendenti), individua le “aree di rischio” e le misure di prevenzione (formazione). Del resto, si legge nel capitolo 7 del piano di prevenzione che “l’attività di formazione dei dirigenti e di tutto il personale della pubblica amministrazione, rappresenta “uno dei più importanti strumenti di prevenzione della corruzione”.
Attività di formazione che non lasciano scampo ai destinatari del comune di Roma. Il diktat della struttura impone a dirigenti e dipendenti corsi di formazione di “base” accompagnati da una “formazione continua” attraverso “comunicazioni mirate sugli aspetti normativi e sul piano anticorruzione approvato”, “periodica trasmissione in via telematica a ciascun dipendente di tutti gli aggiornamenti normativi in materia”, seminari e corsi online, più una serie di giornate dedicate alla “trasparenza e alla corruzione”. La mancata partecipazione, in assenza di adeguata motivazione, “costituisce illecito disciplinare”. Per di più si prevede che il responsabile della Trasparenza effettui semestralmente un sistema di monitoraggio sullo stato di attuazione del programma “evidenziando scostamenti e ritardi”. E tutto ciò dovrà passare dall’occhio bionico di un “Organismo indipendente di valutazione” che verificherà “la coerenza tra gli obiettivi previsti nel programma triennale e per la trasparenza e l’integrità di quelli indicati nel Piano delle performance”. I risultati dell’efficacia di quel piano, almeno per il momento, sono sotto gli occhi di tutti.