Il 13 dicembre è scontro nelle piazze italiane sulla moneta unica europea: alla raccolta firme per il referendum per l’uscita dell’Italia dall’Euro del Movimento 5 Stelle risponde la Gioventù Federalista Europea con una serie di incontri pubblici per ribadire le ragioni del sì alla moneta unica.
Nella sua chiamata alle armi Grillo tuona: “Contro il Sistema, contro le banche, contro le istituzioni finanziarie, contro tutti! Solo grazie alla tua attività otterremo l’uscita dall’euro e il ritorno a un’Italia sovrana!”. Un appello rivolto alla pancia di tutti quei cittadini alle prese con le ristrettezze della crisi e che continuano, anche indotti da simili appelli, a fare dell’Europa il nemico comune, il responsabile di tutti i mali, il grande Demiurgo (cattivo). In realtà le cose non stanno assolutamente così.
In teoria il referendum per uscire dall’Euro doveva essere l’extrema ratio del Movimento 5 Stelle in Europa, la “minaccia politica” da agitare di fronte alle istituzioni, italiane ed europee, nel caso queste si rivelassero sorde ad altre istanze, queste sì condivisibili, contenute nel programma a 5 Stelle, come l’immissione di Eurobond, obbligazioni di debito comune tra i Paesi dell’area euro. Il fatto è che questa “minaccia” viene adesso agitata solo dopo sei mesi dalle elezioni europee, dei quali, tolto il mese di giugno e di agosto in cui non si è lavorato (insediamento e ferie estive) e settembre-ottobre per l’elezione della nuova Commissione europea, restano due mesi scarsi di effettivo lavoro. La dirigenza del M5S pensava davvero di portare sulle proprie posizioni tre istituzioni comunitarie e 18 Paesi membri in 60 giorni (weekend compresi)? L’impressione, a ben guardare, è che il referendum sull’euro serva soprattutto in chiave di politica italiana, per attirare tutto quel malcontento che sta scivolando tra e braccia di Salvini e della rinata Lega Nord perché, non si sa mai, magari in primavera si vota…
A ricordare l’importanza della moneta unica ci provano i giovani federalisti europei. Il presidente della Gfe, Luca Lionello, dice che “l’uscita dell’Italia dall’Euro non segnerebbe solo una catastrofe economica, ma farebbe ripiombare l’Europa nel buco nero del nazionalismo, da cui sono partorite solo la guerra e il totalitarismo”. E poi ancora che “la moneta unica è un progetto politico che ha finora garantito stabilità e solidarietà in Europa. Va completato con la creazione di un governo economico della zona euro responsabile davanti ai cittadini che sappia creare sviluppo economico e occupazione, soprattutto per i giovani”. Si tratta di affermazioni forti, irriverentemente europeiste, ma che fanno sicuramente riflettere.
Che la situazione economica e monetaria dell’Europa vada aggiustata non c’è dubbio. Ma il dito andrebbe puntato nei confronti di tutte quelle misure che oggi mancano (unione fiscale, Eurobond, etc) e non nei confronti di quelle che già ci sono (euro). Il referendum sull’euro è davvero solo una minaccia politica? Ma perché per una volta non raccontare al popolo la verità? Perché questi specchietti per le allodole? Perché far credere che il nemico numero uno sia davvero l’euro? E perché, invece, il referendum non è stato organizzato su eurobond, unione fiscale e simili? Se al popolo viene detto che il problema è l’euro, il popolo questo capisce, e non pensa certo ad alternative più responsabili. Insomma, quante energie sprecate..
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