Forza Italia non poteva dire no al patto del Nazareno, anche perché prevede “come conseguenza logica che non potrà essere eletto un Capo dello Stato che a noi non sembri adeguato all’alta carica che dovrà ricoprire”. Parola di Silvio Berlusconi, che in un collegamento telefonico con i club dell’Emilia Romagna a Imola per la prima volta ha spiegato come la successione di Giorgio Napolitano è uno dei temi dell’intesa con Matteo Renzi. Il leader di Forza Italia, però, ha specificato che la partita del Colle è un discorso insito nel dialogo con il premier, non un punto specifico dell’accordo. Che per l’ex Cavaliere è stato comunque indigesto. “Abbiamo dovuto sottoscrivere il patto, che ci ha dato e ci dà tanto fastidio impedendo di fare un’opposizione vera su tutto, ha creato delle difficoltà al nostro interno, ha confuso il nostro elettorato. Ma come facevamo – ha aggiunto – a dire no a delle riforme che sono le nostre riforme? Per coerenza e per amore di Patria non potevamo dire di no”.
Ma a smentire l’ipotesi che nel patto Renzi-Berlusconi ci sia un accordo sulla scelta del prossimo Capo dello Stato è il vicesegretario Pd Debora Serracchiani, a margine dell’Assemblea Democrat: “Assolutamente no, nel patto del Nazareno ci sono impegni importanti come le riforme”. Identiche le parole dell’altro vicesegretario Lorenzo Guerini: “Non è vero, non c’è nessun accordo nel patto del Nazareno che riguarda l’elezione del presidente della Repubblica”.
L’ex premier, poi, ha snocciolato una serie di obiettivi ‘elettorali’ di Forza Italia. Come ad esempio la riduzione delle tasse, specie per le aziende. La lista di Berlusconi è lunga: flat tax del 20% per singoli e imprese (“così si riduce evasione e elusione”), “no tasse sulla prima casa, perché per noi la casa è sacra” e “no imposta di successione”. Non solo: “Possibilità di emettere una nostra moneta nazionale il cui cambio con l’euro sia deciso dal mercato”. Per Berlusconi, inoltre, l’euro dovrebbe essere riportato al pari col dollaro. “Il 15 febbraio riconquisterò la mia piena agibilità politica e questo sarà un cambio assoluto nel nostro modo di relazionarci con gli elettori” ha poi annunciato il presidente di Forza Italia, che sul piano politico ha anche parlato dei rapporti tra il suo partito e la Lega Nord di Matteo Salvini. In tal senso, l’accordo che ha portato alla candidatura del leghista Alan Fabbri alla presidenza della Regione Emilia-Romagna, è stato, per l’ex premier, “frutto di un accordo nazionale che è importantissimo. Perché – ha detto – se noi ci presentiamo divisi si perde. Soltanto con l’unità si può vincere”.
Ma non sono le alleanze nel centrodestra e le questioni economiche a far notizia nell’intervento di Berlusconi a Imola. Perché il punto vero è la corsa al Colle. E dopo le parole dell’ex Cavaliere, sono in tanti a preoccuparsi. Non lo è più di tanto Angelino Alfano. Che sembra temere più Renzi di Berlusconi. “Sul Quirinale abbiamo le idee chiare, speriamo che Renzi non la ponga in termini di partito – ha detto – Noi vogliamo uno che rappresenti tutti, crediamo che l’unto dal signore debba venire da fuori”. Anche perché – è il ragionamento di Alfano, ospite di In mezz’ora di Lucia Annunziata su Raitre – sono del Pd il presidente del Consiglio, quello del Senato, la vicepresidente della commissione Ue ed è stata indicata dai Democratici la presidente della Camera. Il nuovo Presidente della Repubblica, ha aggiunto, dovrà essere “autorevole, che conosca a fondo le dinamiche istituzionali del nostro Paese” e che riesca ad ottenere “i voti del Pd, i nostri e quelli del presidente Berlusconi e di Forza Italia”.
Una scelta condivisa, insomma. Non da Sel. “Berlusconi in uno dei suoi rari slanci di sincerità confessa che il nuovo capo dello Stato sta dentro il Patto del Nazareno. Lavoreremo perché questo accordo di potere salti, nell’interesse del Paese” ha scritto su Twitter il capogruppo dei deputati di Sinistra Ecologia Libertà Arturo Scotto. Simile, come spesso accade di questi tempi, la presa di posizione della minoranza Pd. “Sulla scelta del prossimo capo dello Stato “ci faremo sentire come tutto il Pd, ma è lontana da noi l’idea di fare del Colle un terreno di scontro tra le parti del partito” ha detto Stefano Fassina, sottolineando come il successore di Napolitano debba essere una “figura che unisce, che abbia i requisiti dell’autorevolezza, dell’autonomia e della capacità di unire, quindi mi aspetto e spero” che la condivisione per la scelta “vada oltre il Patto del Nazareno”.