Primo, non esiste il futuro. Non c’è niente che verrà e niente da aspettare. C’è gente che ha capito che o si vive adesso (e si comanda adesso, si esercita la forza o il privilegio o l’arbitrio, adesso) o non ci sarà un secondo tempo. Adesso vuol dire qui, subito, con ogni mezzo, dall’espediente truffaldino al delitto.
Secondo. Il mondo è cambiato. È cambiata la politica. La politica è un lavoro triste, ben pagato, guidato a strappi (cambiamenti improvvisi) da altri poteri, che a volte neppure conosci (meglio dire: neppure immagini), sottoposto a due tipi di umiliazioni: dentro la politica, perché non sai in nome di quale autorevolezza, strategia o ragione qualcuno ti dà ordini perentori, contraddicendo la Costituzione che ti vorrebbe “libero da mandato”. E fuori dalla politica perché ti raggiungono richieste non negoziabili (e vistate dal partito di appartenenza) di cui forse vedi e forse non vedi (o non vuoi vedere) il rischio illegale, dato che è implicitamente previsto un premio, che è prima di tutto l’accettazione nel gruppo “giusto”, quello nel quale si scelgono le “persone giuste”. Se non rispondi, hai chiuso, non conti niente. E raggiungi subito un limbo nel quale siedono molti politici per molti anni, dimenticati.
Non ha nulla a che fare con il famoso e mitico “gruppo misto” dove vanno sia gli onesti incerti, sia coloro che si muovono verso il mercato. Quel limbo significa che non cerchi, non vieni cercato, non stringi mai le mani sbagliate, ma neppure le mani giuste.
Sei fuori, e basterà aspettare la fine del mandato.
Ti resta, come Pollicino nel bosco, la possibilità di lasciare sul sentiero qualche clamoroso voto contrario a qualche accordo esageratamente indecente (vedi Trattato di eterna amicizia con la Libia che contiene molto danaro, molti impegni costosi e non chiari, e viene votato dal Parlamento italiano con una mai spiegata unanimità). Ma lo fai solo per lasciare almeno una traccia. Però è bene ricordare che le peggiori decisioni parlamentari e le più legate a ordini ricevuti da un ignoto “fuori” dalla politica, e diretti a disciplinati parlamentari, sono nascoste dentro emendamenti e commi di leggi del tutto incomprensibili, e commentate e discusse, e magari lodate, anche da esperti perbene.
Terzo. Dunque il marcio può essere nella politica, che però non è il potere (qualunque cosa sia e comunque lo si voglia descrivere o teorizzare). La verifica è semplice. Cominciamo dal livello locale. I sindaci sono ostaggi che camminano per tutto il tempo su un asse di equilibrio da cui possono cadere per errore umano (come tenere aperte le scuole il giorno dell’alluvione) o per complotto politico. Nove volte su dieci il complotto non è politico (come lo sarebbe uno scontro fra visioni politiche di personaggi forti e incompatibili). È una vendetta per impegno preso (o imposto) e non mantenuto. O perché qualcuno, altrove, ha cambiato idea.
I presidenti di Regione vivono una brutta vita dello stesso tipo. È vero che cominciano male. Invece di presentarsi con un programma semplice e condiviso fondato sugli interessi dei cittadini, sono molto presto impegnati in progetti sconosciuti e incomprensibili che a volte hanno l’apparenza del grande balzo in avanti (le metropolitane, le tangenziali, le “grandi opere”), più spesso di fatti misteriosi, parti di più vasti progetti misteriosi.
Per fare un esempio: la chiusura improvvisa (un mese di preavviso) dell’antico e vasto ospedale San Giacomo, unico e attivissimo ente ospedaliero nel centro storico di Roma, cancellato di colpo dopo lunga, accurata e costosissima modernizzazione degli impianti, senza una spiegazione, da un presidente che poi è stato vittima di un violento bullismo, allo stesso tempo istituzionale e illegale, forse con mandanti autorevoli, mai spiegato. Ordini non eseguiti? Uno sgarro? È la vita della Regione.
Quarto. Poi si arriva al potere esecutivo. Una buona tesi di laurea per una buona facoltà di Scienze politiche in Italia, oggi, potrebbe essere: come si diventa ministro? Avete davvero l’impressione che tutto avvenga all’ultimo momento e per caso e che quella brava persona, esperta in quel campo, sia stata scelta proprio ieri notte dopo lunga riflessione e buoni consigli ricevuti da saggi amici del premier? Mi direte che il più delle volte, la brava persona di cui sto parlando non solo non è esperta nel campo, ma ha avuto anche delle frequentazioni non esemplari. Resta l’impressione che vi siano percorsi e ragioni che non conosciamo e che connettano alcuni al potere.
Volendo, una tesi di dottorato più ambiziosa e intellettualmente rischiosa potrebbe essere: come si diventa presidente del Consiglio, quando l’evento non è il risultato delle elezioni? C’è un comitato? Ci sono regole? Ci sono divieti? Quinto. Tutti abbiamo notato che la politica non è mai l’investigatore e il giudice della politica.
Per esempio, è stato il Senato americano a denunciare e documentare il gravissimo caso delle torture. Il Senato accusa la Cia, ma implicitamente accusa se stesso e l’intero Congresso, che ha efficientissime Commissioni di vigilanza sui servizi segreti del Paese.
In Italia arriva il giudice, solo il giudice. Questa volta lo vediamo affacciato su un cumulo di detriti criminali molto più vasto delle pure notevoli esperienze passate. Però anche il giudice sembra bloccato dalla domanda: “Ma questi, di destra e di sinistra, del Mondo di Mezzo, che ovviamente usano la politica e su di essa spadroneggiano, hanno davvero il potere immenso che sembrano avere? Davvero il Cecato comanda Roma? Sennò, chi li manda?”
Il Fatto Quotidiano, 14 dicembre 2014