L’affondo non è arrivato subito, ma Matteo Renzi lo ha detto con veemenza ai magistrati: “Più sentenze, meno interviste”. Bruciano al premier e segretario del Pd, oggi impegnato nell’assemblea di partito, le critiche arrivate dal procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, che intervistato dal Messaggero ha detto: “Secondo me bisogna applicare alla corruzione gli stessi strumenti che oggi usiamo per il contrasto alle mafie. È per questo che a mio avviso i provvedimenti messi in cantiere dal governo non sono sufficienti”. E per quanto riguarda “l’intervento che blocca la prescrizione tra un grado e l’altro di giudizio – ha proseguito il procuratore nazionale – ricalca un progetto del Pd su cui sono stato audito. Preferivo il progetto presentato dai Cinque stelle che prevede la cessazione della prescrizione una volta che viene esercitata l’azione penale”.
A Renzi per ora risponde il presidente dell’Anm, Rodolfo Sabelli, interpellato dall’Adnkrono: “I magistrati fanno la loro parte con il lavoro quotidiano, ma la magistratura associata non può rinunciare a fornire il proprio contributo che viene dall’esperienza qualificata di chi si confronta con il lavoro giudiziario nei tribunali italiani. I nostri interventi vanno considerati uno stimolo e una collaborazione perché dall’applicazione delle leggi possano derivare i migliori risultati. Chi meglio di chi lavora sul campo può indicare quali siano le reali esigenze legate all’organizzazione del lavoro giudiziario? Quando ad esempio segnaliamo che servono interventi per l’organico dei cancellieri, quando diciamo che occorrono norme adeguate sulla prescrizione, quando sottolineiamo che occorre estendere alla lotta alla corruzione gli strumenti utilizzati nella lotta alla mafia, non facciamo altro che dare indicazioni su quali possano essere sul piano concreto gli strumenti normativi più adeguati, in base all’esperienza che ci deriva dal nostro lavoro quotidiano”.
A deludere i “tecnici del diritto” l’uscita dal pacchetto anti corruzione il “sistema premiale” per i collaboratori di giustizia nelle inchieste sulla corruzione, come già accade per quelle sulle organizzazioni criminali da 416 bis. Un provvedimento invocato oltre che da Roberti anche da Giuseppe Pignatone e Raffaele Cantone. Eppure l’ex procuratore capo di Palermo e Reggio Calabria che, con l’inchiesta Mafia Capitale, ha liberato la Procura di Roma dalla nebbia che l’ha quasi sempre avvolta, era stato chiarissimo il giorno prima del Cdm: “Non mi permetto di parlare delle misure annunciate dal presidente del Consiglio. Dico solo che, insieme alle iniziative sulla prescrizione, sarebbe estremamente utile qualche forma di sistema premiale. Se con la mafia grandi risultati sono stati ottenuti anche grazie ai sistemi premiali, con i collaboratori di giustizia, forse qualche provvedimento legislativo anche in questo campo è necessario; se lasciamo tutto intatto è più difficile”. Anche l’ex pm anti camorra da qualche mese mister Anti corruzione aveva auspicato “sconti di pena per chi collabora”. Ma il premio per i “pentiti” non è stato più inserito.
Nell’intervista al quotidiano romano Roberti ha anche elogiato timidamente i provvedimenti governativi: “Credo che l’iniziativa del governo sia apprezzabile ma ancora troppo timidi gli interventi normativi nel contrasto alla corruzione. Anche perché questi interventi, apprezzabili ma minimali, potevano essere affidati a un decreto legge. Se si è scelta la strada del disegno di legge, con tempi più distesi, allora si può fare di più”.