I magistrati contabili criticano la scelta di organizzare l'esposizione su terreni privati e le troppe deroghe alla normativa. Sul fronte finanziario la Provincia di Milano ha contribuito troppo poco: "ballano" 60 milioni. Ma l'aumento delle perdite è "in linea con la natura di Expo spa", i cui ricavi arriveranno solo dopo l'inaugurazione
I numeri di Expo sotto la lente della Corte dei conti. Che non lesina critiche alla politica per avere scelto di organizzare l’esposizione su terreni privati, anziché pubblici. E per avere dato vita a una serie di deroghe normative anziché inserire la preparazione dell’evento all’interno di un sistema di leggi ordinarie. Anche da queste decisioni, scrivono i giudici, sono arrivati ritardi ed extracosti. Sul fronte contabile, poi, da rilevare i finanziamenti non arrivati dalla provincia di Milano e un rosso di bilancio salito nel 2013 a 7,42 milioni di euro. Che però è in linea con la natura della società Expo 2015 spa, che essendo incaricata di organizzare l’evento ha anticipato molti costi a fronte di ricavi che arriveranno in gran parte in prossimità o dopo l’inaugurazione. Questi, in sintesi, i contenuti della relazione dei magistrati contabili sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria di Expo 2015 per il 2013. Con un invito alle istituzioni coinvolte: quello di gestire in modo incisivo e trasparente i problemi che ancora esistono, ”assicurando la legalità delle procedure di affidamento delle opere e dei servizi” per salvaguardare “anche l’immagine del Paese nel contesto internazionale”.
Dalle varianti extra-costi per 38,5 milioni di euro nel 2013 – Le perdite nel bilancio della società di gestione dell’evento sono passate dai 2,39 milioni di euro del 2012 ai 7,42 milioni dell’anno successivo. La cifra, secondo la Corte dei conti, è riconducibile “in gran parte al pianificato aumento dei costi della produzione”, ma il risultato negativo, come detto, “è da riferirsi alla nota, particolare natura della società che, quale società di scopo, vede la concentrazione della maggior parte dei costi nei primi anni di attività e la posticipazione dei ricavi alla data di realizzazione dell’evento”.
Sui conti hanno pesato negativamente le consistenti varianti in corso d’opera, che portano le imprese che gestiscono gli appalti a richiedere extra costi per 38,5 milioni di euro con quelle che in gergo tecnico vengono definite “riserve”. Le varianti sono spesso conseguenza dei ritardi nei lavori e della consegna posticipata dei terreni su cui edificare i padiglioni. Cosa che d’altra parte, sottolineano i magistrati contabili, ha avuto sui conti del 2013 anche un effetto benefico, visto che alcuni investimenti sono stati rinviati e verranno contabilizzati solo nel 2014. Da qui “l’incremento delle disponibilità liquide, dai 186,89 milioni di euro del 2012 ai 348 milioni di euro del 2013, e la sensibile misura dell’avanzo finanziario”. Nel 2013 sono anche aumentati i ricavi (da 28,67 milioni nel 2012 a 67,13), grazie soprattutto ai diritti di sponsorship provenienti dai grandi partner commerciali.
Critiche sull’utilizzo di terreni privati anziché pubblici – Tra i problemi rilevati dalla Corte ci sono poi quelli causati dall’aver scelto come sede di Expo terreni privati, in gran parte proprietà della Fondazione Fiera Milano e della Belgioioso della famiglia Cabassi. Problemi divenuti evidenti dopo che, un mese fa, è andato deserto il bando per l’acquisto dell’area, base d’asta 315 milioni. La relazione ricorda infatti come “dopo alterne ipotesi, l’area effettivamente individuata quale ‘sito espositivo’ risulti per l’85% di proprietà privata, e come tale circostanza abbia indubbiamente determinato diverse criticità, sia per i costi di acquisizione che per le difficoltà operative connesse alle procedure di rilascio delle aree”. Si sottolinea poi che le istituzioni avrebbero dovuto prevedere “un diverso e più omogeneo coinvolgimento degli operatori privati coinvolti, specie nella ripartizione dei rischi”. Sotto accusa poi le criticità derivate dai litigi tra l’allora sindaco di Milano Letizia Moratti e l’ex governatore della Lombardia Roberto Formigoni “circa il regime giuridico da adottare per l’acquisizione delle aree, con la conseguenza che tali vicende hanno condizionato tutta la fase iniziale di gestione dell’evento, compromettendone l’efficiente programmazione preliminare e la tempestiva operatività”. Una “situazione di stallo” che non si è risolta “neanche dopo la costituzione, a giugno 2011, di un’apposita società pubblica, la Arexpo spa, incaricata dell’acquisizione dei terreni, a causa dei tempi tecnici delle procedure di esproprio e compravendita , che si sono protratti sino a luglio 2012″.
Pochi soldi da Provincia e Camera di commercio – Ad aver “influito negativamente sull’azione della società” anche lo scarso sostegno finanziario di alcuni soci, come la Provincia e (in misura minore) la Camera di commercio di Milano. In effetti a fronte degli interventi di tali due enti, pari rispettivamente al 2,40% e al 2,18% del totale cumulato per azionista, nel 2013 il ministero dell’Economia e delle Finanze ha contribuito per l’84%, il Comune di Milano per il 14,15% e la Regione Lombardia per il 10,87%. Rilievi, quelli della Corte dei conti, che arrivano nel momento in cui Expo spa sta ancora cercando di ottenere dal governo 60 milioni di euro che non verranno versati dalla Provincia, alla quale sarebbero dovuti essere in capo.
Troppe deroghe alle norme – La Corte dei conti mette anche l’accento su “una cornice normativa in continua evoluzione”. E fa riferimento alla legge 6 maggio 2013, ovvero la legge speciale approvata in tutta fretta nell’ultimo consiglio dei ministri presieduto da Mario Monti che istituì la figura del commissario unico con super poteri, in seguito affidati a Giuseppe Sala. Il regime derogatorio confermato con tali norme – si legge nella relazione – “pur se motivato con i rischi per le incolumità delle persone e per la tutela dei beni, nonché con i ritardi cumulatisi per cause esterne alla società, necessita di valide strategie compensative, affinché sia comunque garantita la scrupolosa osservanza, almeno, dei principi generali negli affidamenti di opere pubbliche”. Non solo. Per la Corte dei Conti sarebbe anche “auspicabile” una “disciplina ‘dedicata’ ai grandi eventi, piuttosto che la rilevante quantità di deroghe alla normativa ordinaria”. E questo in modo anche di approntare “gli strumenti di controllo più idonei a garantirne la legalità”.
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