I ragazzi italiani fanno troppi compiti. Anzi vediamola da un altro lato: gli insegnanti italiani danno troppi compiti. E nemmeno si rendono conto che non servono. A “condannare” i docenti del Bel Pase è l’Ocse, l’organismo internazionale di studi economici: i quindicenni di casa nostra passano sui libri nove ore a settimana contro una media di 4,9 ore. Peccato che i loro colleghi finlandesi che dedicano allo studio a casa in media meno di tre ore la settimana, abbiano risultati nettamente migliori nei test Ocse Pisa sulle competenze. Non resta che pensare che c’è qualcosa che non funziona: forse il modello di scuola italiana? Il modo di studiare dei nostri ragazzi (non certo inventato da loro ma insegnato dai docenti o dai genitori)?
Dall’altro canto compiti e voti sono da sempre il ritornello di molti genitori, perennemente preoccupati solo di avere nove e dieci in pagella e di vedere i figli sui libri e sui quaderni a casa. Quante volte mi sono ritrovato mamme che, sconsolate, mi dicono: “Maestro dia più compiti, più esercizi di grammatica, più temi”. Ho sempre cercato di non cadere nella tentazione di accontentare la tradizione. Per le vacanze son solito far scrivere sul diario: “Viaggiate! Viaggiate! Viaggiate! Leggete un libro, andate a vedere una mostra e un bel fim”.
Il dato dell’Ocse va letto, infatti, guardando anche ai numeri presentati da “Save The Children” nell’Atlante dell’Infanzia 2014: nell’ultimo anno l’84,9% dei ragazzi non è andato ad un concerto; il 73,7% non ha visto un sito archeologico; il 72,1 % non è andato a teatro; il 60,8 non ha visto una mostra e il 47,9 non ha letto nemmeno un libro.
Chi ha capito questa situazione sono i docenti che hanno lanciato la campagna “Basta compiti” ricordando che vi è persino una “desueta” circolare ministeriale (datata 1969) nella quale il Ministero disponeva che agli alunni delle scuole elementari e secondarie di ogni ordine e grado non venissero assegnati compiti da svolgere o preparare a casa per il giorno successivo a quello festivo. Già immagino le smorfie dei fondamentalisti dei compiti, di coloro che sostengono che “senza compiti poi crescono generazioni che non sanno leggere o scrivere”. Forse è il caso di discutere su un altro punto: perché i nostri ragazzi non amano più leggere o scrivere? Forse, anziché, somministrare quantità di esercizi dal sussidiario, non sarebbe il caso di invogliare, con la collaborazione dei genitori, a leggere un libro, una rivista, il quotidiano? Un’ultima considerazione: il rapporto Ocse spiega che in genere lo studio a casa è maggiore, per gli studenti più fortunati, per quelli che hanno una condizione socio-economica buona. Sembra di rivedere i dati forniti da don Lorenzo Milani in “Lettera a una professoressa”. Chi in classe fa fatica, non trova a casa un contesto dove fare i compiti. Anzi spesso è affidato alle ripetizioni di qualche insegnante che arrotonda lo stipendio. Finché ci sarà un solo ragazzo che dovrà fare ripetizioni, la scuola avrà perso la partita.