Non occorrono indagini o studi particolari per vedere che molti di noi vivono ossessivamente sui social network; si posta di tutto: dal cibo, ai luoghi frequentati, ai programmi della giornata ma su tutti, impazza la mania dei selfie.

Anche quest’anno la Società Italiana di Pediatria (Sip) ha condotto uno studio su un campione nazionale di 2107 studenti (1073 maschi – 1034 femmine) frequentanti la classe terza media inferiore, e come sempre, i dati fanno molto riflettere. Rispetto al 2008 che solo il 42% del campione utilizzava internet oggi i dati ci dicono che la percentuale è salita all’81%. Ma cosa vogliono i ragazzi di oggi? Vogliono i like. Ad oggi quasi il 90% del campione utilizza internet dal cellulare e non esclusivamente dal computer. Il 15% ammette di avere postato un selfie provocante: percentuale sottostimata se si pensa che il 48% dichiara di avere almeno un amico che posta foto sensuali.

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Nel rapporto si legge: “Tra gli altri comportamenti a rischio rivolti a sconosciuti (dove sconosciuto non equivale necessariamente a pedofilo, questo va precisato) il 19% ha dato il telefono, il 16,8% ha inviato una foto, il 24,7% ha rivelato la scuola che frequenta, l’11,6% si è incontrata con lui, il 5,2% ha accettato proposte di sesso online. E se all’87,6% piace internet perché si può stare in contatto con gli amici, per il 60,2% internet è addirittura irrinunciabile”. Sesso online già a 14 anni. Spiega Giovanni Corsello, Presidente della Sip: “I social network non vanno demonizzati, perché hanno anche aspetti di grande utilità e socializzazione. Il problema come sempre è l’abuso. La migrazione degli adolescenti dal computer al telefonino rende difficilissimo per i genitori rendersi conto del tempo effettivamente speso dai loro figli sui social. È inoltre difficile dettare regole di comportamento dal momento che la stragrande maggioranza degli adulti non ha idea di come si sviluppa la socialità sui nuovi social network, di come si strutturano le relazioni, non conosce il linguaggio utilizzato. In questo contesto parlare di controllo non ha più molto senso. Le nostre risorse per prevenire comportamenti a rischio sono il dialogo, l’ascolto, l’etica comportamentale che noi adulti di riferimento abbiamo insegnato ai figli. I quali prima di essere adolescenti sono stati bambini”.

Dialogo, ascolto ed etica comportamentale: tre parole chiave per salvare i giovani dall’ossessione del “like it”. Ho chiesto durante una delle mattinate nelle scuole perché avessero bisogno di denudarsi e una ragazza mi ha risposto: “Beh, si sa, se metto il culo, come fa Belen, posso avere più like”. Alla domanda: “Cosa ti portano i like?”, lei mi ha risposto: “Oggi senza like sei una sfigata, non esisti”.

Ripenso ai miei tempi, che non sono poi così lontani, quando in classe sfigata era una che studiava troppo, una che non aveva una vita sociale, una che non era vestita alla moda. Oggi, se non hai like, non esisti. Ecco allora che si spinge sempre di più l’acceleratore e il sesso, il corpo, la smania di apparire arrivano sempre prima. “Bisogna educarli”, dicono. Eppure, non è prerogativa dei giovani. Sempre più donne e uomini cercano il consenso sui social postando di tutto e di più e quelle immagini, poi, diventano della rete e chissà se tra qualche anno rivendendole non ci pentiremo o ci rideremo su. Siamo tutti un po’ così “socialcosi” perché forse ha ragione quella ragazza: se non sei social, non esisti. Inizio a pensare che i veri rivoluzionari sono quelli che una vita ce l’hanno e non sentono il bisogno di raccontare e raccontarsi attraverso un computer.

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