La morte di un ministro dell’Autorità palestinese, malmenato e umiliato dai militari israeliani, dimostra quale sia la considerazione che ha il governo di Tel Aviv di quello che dovrebbe essere il suo principale interlocutore per la pace in Medio Oriente.
Ziad Abu Ein è stato aggredito “mentre piantava un ulivo”, inerme e disarmato, ed è morto in seguito ad attacco cardiaco.
Con azioni criminali come queste, il governo autoritario di Netanyahu vuole esasperare la tensione esistente e provocare azioni di ritorsione violenta da parte dei Palestinesi, per liquidare ogni progetto negoziale. Al tempo stesso prosegue la sua folle corsa verso la trasformazione di Israele in Stato fondamentalista, il cui carattere ebraico dovrebbe prevalere su quello democratico.
Si conferma come la politica criminale di Netanyahu costituisca oggi una delle principali minacce per la pace in Medio Oriente e nel mondo intero. Tale politica dovrebbe ricevere una risposta compatta da parte della comunità internazionale, che sia basata su due assi fondamentali: 1) il riconoscimento dello Stato di Palestina, con tutti gli attributi della sovranità piena; 2) il boicottaggio nei confronti di Israele finché continuerà la sua politica di violazione dei diritti più elementari dei palestinesi e la loro espulsione da Gerusalemme Est e dai territori occupati per fare spazio alle colonie che distruggono ogni prospettiva di convivenza pacifica. Si tratta di una politica che a suo tempo si rivelò vincente nei confronti del Sudafrica razzista e del suo regime di apartheid che presenta vari punti di somiglianza con quella praticata attualmente da Israele.
Il riconoscimento dello Stato di Palestina è stato del resto affermato dal governo svedese e da vari Parlamenti europei, fra i quali quello inglese e quello francese. E sarà votato prossimamente anche dal Parlamento europeo. Tale riconoscimento è stato richiesto anche da importanti intellettuali israeliani. E anche un analista attento come l’ex capo del Mossad si interroga pubblicamente sul futuro di Israele a fronte della sconsiderata politica di Netanyahu. Se davvero si vuole sconfiggere il terrorismo e la violenza (innanzitutto, sia ben chiaro, quella israeliana che ha fatto migliaia e migliaia di vittime innocenti solo negli ultimi anni) si mettano le parti in condizione di dialogare su di un piede di parità ricorrendo agli strumenti offerti dal diritto internazionale, ivi compresa la Corte penale internazionale cui Abu Mazen dovrebbe aderire senza ulteriori indugi.
Che aspettano il governo e il Parlamento italiano a riconoscere la Palestina? Purtroppo Renzi e Gentiloni si confermano passivi esecutori delle direttive statunitensi. E pensare che il secondo, qualche decennio fa, era un convinto sostenitore dell’Olp e di Arafat. Una vicenda personale, la sua, tipicamente italiana, all’insegna di quel trasformismo satireggiato ad esempio da Alberto Sordi nel gustoso film L’arte di arrangiarsi, eccellente satira del trasformismo nazionale. Deve essere chiaro che con questa classe dirigente chiaramente non all’altezza delle sfide interne e internazionali non andremo da nessuna parte.
Gentiloni si riscatti pronunciandosi chiaramente a favore del riconoscimento dello Stato di Palestina e impegni il governo Renzi in questo senso. Ma si teme fortemente che, all’incontro con Netanyahu oggi a Roma, non si levi nessuna voce autonoma da parte del governo italiano, neanche a fronte del chiaro rifiuto del premier israeliano di evacuare una volta per tutte i territori occupati.