Giuseppe ha vinto la giovanissima Maria al gioco. Gesù era un ragazzino dalla voce penetrante e sua madre, vedendolo morire, ha gridato in siciliano: “Se fossi stato solo mio figlio e non figlio di Dio, ora ti avrei ancora accanto”. Sul palco del teatro Menotti La Buona Novella di Fabrizio De André, trasformata in opera teatrale cucendola insieme ad aneddoti dei vangeli apocrifi. “Pur essendo laico le loro storie mi hanno colpito molto”, racconta Emilio Russo, regista (insieme a Caterina Spataro) dello spettacolo che sarà a Milano fino al 31 dicembre. E non si sta parlando solo di testi sacri, ma di un viaggio attraverso carnalità e spiritualità che attraversa i gospel delle chiese nere, le storie dei preti di frontiera, e le parole de Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini. Perché la Buona Novella del teatro Menotti è ambientata in una comunità di ultimi, “profughi in fuga da una delle tante guerre che infiammano ancora il mondo”, continua il regista.
Un viaggio attraverso carnalità e spiritualità che attraversa i gospel delle chiese nere, le storie dei preti di frontiera, e le parole de Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini
A fare da ponte nel racconto, le canzoni di De André (“Ave Maria”, “Il sogno di Maria”, “Via della Croce”, “Tre Madri”, “Il Testamento di Tito”) ma anche gospel e blues afroamericani (“Down By The Riverside, “Amazing Grace” e “Kumbaya”). A interpretarli, un cast di quattordici attori con clarinetti, violoncello, percussioni e violini sul palco. Non è la prima volta che Russo sceglie di mettere in scena Faber. “Come molti della mia generazione, sono diventato adulto ascoltando le sue canzoni. All’ombra dell’ultimo sole è rimasto in cartellone per tre anni. E’ stato lo stesso pubblico a chiedere un nuovo spettacolo che rievocasse De André”.
In una pièce che ha più a che fare con l’umano che con il divino, viene quindi narrata la storia di un uomo, poco importa che si chiami Gesù di Nazaret
E dopo All’ombra dell’ultimo sole, anomalo musical che nel 2010 ha narrato la storia dei giovani degli anni ’70, ora il regista ha scelto l’album più religioso – e al contempo carnale – del cantautore genovese. “Sono stato colpito dalla doppia natura umana e divina degli aneddoti che raccontano Gesù. Episodi che De André mostra come la nostra doppia faccia di corpo e spirito”.Non è uno spettacolo religioso – continua Emilio Russo – anzi contiene diversi aspetti eretici. Lavorare a la Buona Novella non mi ha fatto convertire, ma mi ha aiutato a capire come avere dubbi sia fondamentale”. In una pièce che ha più a che fare con l’umano che con il divino, viene quindi narrata la storia di un uomo – poco importa che si chiami Gesù di Nazaret – attraverso i racconti di chi lo ha conosciuto, intersecando le sue parabole e profezie con i sogni di migranti in fuga da una guerra senza nome. Accanto a Gesù prendono nuovi volti e caratteri la donna di Caanan, Barabba, Maddalena e la Samaritana. In un vortice di dubbi lasciati sospesi tanto con la prosa quanto con i versi di Faber. Fino a porre al pubblico la domanda finale: “Avete il coraggio di trattare i vostri immigrati come figli di Dio?”.