Dopo 18 anni di regno incontrastato traballa la poltrona dell'attuale vicepresidente federale, le cui dimissioni non sono escluse. La fronda interna punta su questioni economiche, ma la vicenda è politica. E la maggioranza in Figc rischia di perdere pezzi fondamentali
L’era di Mario Macalli, classe 1937, padre padrone della Lega Pro per 18 anni, potrebbe essere vicina al capolinea. L’assemblea della Lega non ha approvato il bilancio per l’anno 2014, aprendo ufficialmente la crisi che può portare in tempi rapidi a commissariamento e nuove elezioni. Con ovvie ripercussioni anche sulla Figc di Carlo Tavecchio, di cui Macalli è vicepresidente e fidato braccio destro. La prima elezione nel 1997, poi cinque mandati consecutivi con percentuali bulgare e un consenso granitico. Tutto questo è venuto meno ieri sera: l’impero si è sgretolato nel corso dell’assemblea che doveva votare il bilancio consuntivo al 30 giugno 2014. Averlo respinto è soprattutto un atto di sfiducia nei confronti del presidente e della sua gestione, dietro cui ci sono motivazioni ben precise, principalmente economiche.
Anche i capi della ‘rivolta’ non sono un mistero: Francesco Ghirelli, ex direttore generale, ‘fatto fuori’ da Macalli in autunno per divergenze e adesso in causa per riottenere il suo posto di lavoro. E poi Gabriele Gravina, ex vice-presidente di Lega e consigliere in Figc, rivale di Macalli alle ultime elezioni. Nel dicembre 2012 Macalli era stato rieletto per la quinta volta con 42 voti contro i 26 dello sfidante. Ieri le percentuali si sono ribaltate: 40 sono stati i voti contrari al bilancio, solo 25 quelli a favore. L’approvazione del bilancio in una lega è una sorta di “voto di fiducia”: averlo bocciato equivale a chiedere a chi lo ha presentato di fare un passo indietro. Non la pensa così, però, il diretto interessato, che al termine dell’assemblea ha diramato un comunicato molto prudente: “Se qualcuno ha detto che questo bilancio non va bene, dovrà anche fornire le motivazioni. Non sento sfiducia nei miei confronti, solo un malessere collettivo che è stato alimentato anche molto da promesse che non esistono. Il problema finanziario è un problema serio”. Neanche un accenno a possibili dimissioni. L’ipotesi, però, è assolutamente sul tavolo: la mancata approvazione del bilancio è un fatto grave che porta dritti al commissariamento. Quindi, per conseguenza, a nuove elezioni.
Il tira e molla sui diritti tv con la Serie B (gestito male e risolto solo in extremis con un accordo amichevole), la diminuzione dei contributi alle società dopo il taglio dei fondi Coni al calcio, l’allontanamento traumatico di Ghirelli, anche la vicenda della registrazione del marchio del Pergocrema (da cui il presidente è uscito assolto, ma ha lasciato comunque un’ombra): di recente troppi fatti si sono succeduti e hanno intaccato un consenso che non sembrava possibile scalfire. Adesso la Lega Pro potrebbe cambiare guida dopo 18 anni. Gravina non si sbilancia, ma pare il candidato maggiore alla successione. Con lui potrebbe tornare anche Ghirelli (che nel 2015 dovrebbe essere reintegrato dal tribunale del lavoro). E questo rischia di avere ripercussioni pesanti anche in Figc. La sollevazione contro Macalli è questione interna, non politica. Ma l’avvicendamento ai vertici della Lega, e di conseguenza anche dei suoi rappresentanti federali, può sconvolgere l’assetto in Federcalcio. Tavecchio perderebbe il suo sostenitore più convinto insieme a Lotito, visto che nelle elezioni di agosto Macalli aveva garantito il 17% della sua Lega. I nuovi vertici saranno altrettanto compatti al fianco del presidente Figc? Così non fosse, anche la maggioranza in consiglio sarebbe in pericolo. Sempre che Macalli perda davvero la poltrona: proverà a resistere fino alla fine. E anche in caso di dimissioni, il presidente uscente potrebbe tentare di ricandidarsi: la Lega è confusa e i voti sono molto fluidi, per riprendersi il posto basterebbe un colpo di coda da “vecchio leone e combattente”. Lui, in fondo, ha sempre amato definirsi così.