In Italia ci vuole tanta pazienza.

E noi cerchiamo di non scoraggiarci e tenere il punto.

Teniamo il punto su Roberto Mancini. Ne abbiamo parlato quando non ne parlava ancora nessuno e quando ancora era vivo. Ne parliamo anche ora che l’onda mediatica è passata, perché i decisori devono sapere che i cittadini sulla nostra piattaforma, possono creare un punto di osservazione permanente sulle questioni irrisolte.

Roberto Mancini ha svolto un’indagine approfondita per anni sui rifiuti tossici interrati dalla camorra e per seguirne le piste ha respirato, toccato e assimilato i veleni che ne scaturivano. Per questo motivo ha contratto un tumore ai linfonodi che gli ha tolto la vita.

Ad inizio luglio a seguito della mobilitazione e della petizione per chiedere che a Roberto venisse riconosciuto il proprio lavoro (fino a quel momento Roberto era stato “indennizzato” con soli 5000 euro), la Camera dei Deputati inviava presso il Ministero dell’Interno tutta la documentazione relativa alle indagini di Roberto Mancini sui rifiuti tossici. Da settembre il Ministero attende un documento dal giudice del Tribunale di Roma per emettere il decreto che riconosca Roberto come vittima del dovere.

Monika, la moglie di Roberto Mancini, utilizzando come chiave di contrattazione le 80.000 firme, è riuscita ad ottenere la risposta del Tribunale. Oggi stesso finalmente andrà a ritirare il decreto del Tribunale e domani lo consegnerà al Ministero dei Interni, che a questo punto speriamo riconosca presto Roberto Mancini come vittima del dovere. Intanto domani pomeriggio a Roberto verrà conferita la medaglia d’argento al valore civile dal Capo della Polizia e per le sue indagini sulle discariche abusive dei clan dei casalesi nella Terra dei Fuochi, Roberto è stato candidato al premio Personaggio Ambiente 2014.

Poi c’è Paola che teme la prescrizione. Paola, madre di Matteo, rigger morto il 5 marzo 2012 a Reggio Calabria durante il montaggio del mega palco per il concerto di Laura Pausini, voleva cambiare le cose affinché a nessuno capitasse più quello che era capitato a suo figlio.

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Ma purtroppo non è stato così e tanto per citare uno dei tristi fatti occorsi, Khaled Farouk Abdel Hamid ha perso la vita dopo il concerto dei Kiss, un anno e qualche mese dopo la morte di Matteo. Paola chiede giustizia per Matteo e per tutti i riggers, scaffolders, facchini e “lavoratori invisibili” dello spettacolo. Il contratto nazionale di lavoro, che sarà in vigore dal 2015, ha incluso anche la categoria dei tecnici e delle cooperative. Lavoratori che con questo inserimento avranno una rappresentanza. Siamo di fronte all’inizio di un processo positivo. Il 9 dicembre, però, a due anni dalla morte di Matteo, presso la Procura di Reggio Calabria doveva tenersi l’udienza preliminare sulla morte di Armellini e invece c’è stato un ennesimo rinvio dell’udienza preliminare al 13 gennaio 2015.

L’avvio del processo arriverà dunque a quasi tre anni da quel marzo 2012, quando Matteo morì. I reati contestati ai sette imputati sono: disastro colposo, omicidio colposo e mancato rispetto della normativa sulla sicurezza. Tra di loro figurano i legali rappresentanti delle due società committenti del palco, i vertici della società costruttrice incaricata, l’ingegnere che ha curato la redazione del progetto di costruzione della struttura, il coordinatore della sicurezza per l’esecuzione dei lavori e un dirigente del Comune di Reggio Calabria.

Un’altra donna che tiene il punto è Giannina, che ha perso sua figlia Stella, uccisa a 10 anni da un’auto il cui conducente era senza patente, ubriaco e sotto l’effetto degli stupefacenti. Oggi Giannina, a quasi un anno dalla morte della bambina ha consegnato le oltre 152mila firme raccolte per l’introduzione del reato di omicidio stradale al Senatore Borioli, dopo averle già consegnate al Vice Ministro dei Trasporti Nencini. L’iter legislativo per l’istituzione del reato di omicidio stradale è iniziato parecchio tempo fa, il 17 settembre 2013 per l’esattezza. A tutt’oggi ci sono 3700 morti l’anno per incidenti stradali, ma cresce la percentuale degli incidenti causati da chi è sotto l’effetto di droga e alcool; la media della condanna per questi reati è di due anni e 4 mesi. 

Ripeto, ci vuole tanta pazienza, ma l’importante è tenere il punto sulle questioni, anche quando il circo mediatico-politico mette “off” sulle vite delle persone.

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