La resa dei conti sull'occupazione è rimandanta a dopo le feste, mentre l'utenza può iniziare a fare i conti con una “rimodulazione delle tariffe” nella corrispondenza e con “prodotti un po' più rischiosi” nei servizi finanziari
Il piano 2015-2020 di Francesco Caio per Poste Italiane non convince i sindacati. Dopo una lunga maratona pomeridiana con i vertici del gruppo, le organizzazioni di categoria lamentano l’assenza di dettagli operativi sul futuro del gruppo pubblico delle spedizioni. E l’azienda rinvia i chiarimenti a dopo le feste. “Si parla di ottomila assunzioni ma non si dice che nei prossimi cinque anni continuerà il piano di esodi incentivati con la media che è già stata di 4mila unità all’anno – fa notare il segretario generale del Slp Cisl, Mario Petitto – La forza lavoro sarà ridotta di almeno 15mila lavoratori. Questa è la realtà di cui non ha parlato Caio, nascondendo i veri numeri”. Anche per la Cgil, nelle slide di Caio, non c’è nulla di diverso dalle linee strategiche già rese note a fine luglio. Tanto più che non si capisce quali saranno le modalità di assunzione delle nuove reclute (di cui il 50% laureati) in un’azienda già nota in passato per diversi episodi di assunzioni clientelari. Per non parlare del fatto che gli esodi saranno, come in passato, lasciati alla libera trattativa fra il singolo e l’azienda.
Se questa è la situazione sul fronte occupazionale, il progetto di sviluppo di Poste non promette nulla di buono neanche per l’utenza che dovrà fare i conti con una “rimodulazione delle tariffe” nella corrispondenza e con “prodotti un po’ più rischiosi” nei servizi finanziari. Questo, in sintesi, il succo del piano di Caio che, dopo aver subito un pesante taglio del contributo pubblico per il servizio universale, ha pensato bene di procedere ad un “adeguamento dell’offerta” con una strategia propria di un “operatore di mercato”. E non di un’azienda che è interamente controllata dallo Stato e che risponde anche ad una mission superiore di interesse pubblico. Con il risultato che il Codacons ha già annunciato di essere pronto a dare battaglia visto che “alcuni prodotti postali come posta raccomandata e pacchi hanno già subito rincari lo scorso primo dicembre, con conseguente aggravio di spesa per gli utenti”.
Nella visione di Caio però gli aumenti tariffari sono un obbligo dettato dal fatto che i conti in casa non tornano: il servizio di corrispondenza pesa sempre di più sui margini del gruppo (-25% a 1,4 miliardi nel 2013 contro 1,9 miliardi di tre anni prima) nonostante un fatturato in decisa crescita (+20% a 26,3 miliardi). La colpa è di una domanda in flessione con elevati costi fissi legati alla difficoltà geografica per raggiungere fisicamente alcune aree del Paese. Zone che, secondo Adusbef, Federcosumatori e una recente sentenza del Consiglio di Stato, hanno una “preponderanza di popolazione anziana chiaramente in difficoltà negli spostamenti” e sono a rischio di isolamento senza un presidio postale.
Non resta che chiedersi se basterà un ritocco alle tariffe a compensare i costi fissi del servizio di corrispondenza senza toccare il numero complessivo di uffici e dei postini. L’unica risposta possibile è nel futuro digitale di Poste. L’ex numero uno dell’Agenda digitale vorrebbe infatti che il gruppo diventasse il centro di comunicazione dei diversi rami della Pubblica amministrazione e la nuova rete di sportelli dell’amministrazione digitale a servizio dei cittadini. L’idea non spiace al governo Renzi che prenderebbe due piccioni con una fava: l’esecutivo centrerebbe infatti gli obiettivi dell’Agenda digitale già nelle mani di Caio e metterebbe le basi per futuri consistenti tagli e accorpamenti agli enti locali (soprattutto i piccoli Comuni). Così la sperimentazione è già partita: “Nei confronti della Pubblica Amministrazione – ha spiegato Caio – abbiamo già avviato in tutta Italia il progetto ‘Sportello Amico’ , con oltre 6.000 punti di contatto dedicati all’emissione di certificati anagrafici, patenti e passaporti per ridurre le distanze tra cittadini e Stato”. La partita è non è da poco e l’esito non è affatto scontato. Anche perchè al centro ci sono il servizio al cittadino, nonché 13.254 sportelli postali e ben 143.249 dipendenti per i quali “proseguirà il programma di uscite agevolate avviato nel 2010″ e un programma di riqualificazione con 7mila persone coinvolte nella nuova “ Corporate Academy”.
Intanto in attesa di un futuro più “digitale” da “vendere” al mercato, il gruppo guidato da Caio punterà su logistica e posta, carte di pagamento, risparmio e assicurazioni nell’intento di raggiungere i 30 miliardi di fatturato al 2020. L’obiettivo è ambizioso, ma realistico anche per via dell’accordo raggiunto a inizio dicembre con la Cassa Depositi e Prestiti per la raccolta del risparmio postale. Dopo un lungo braccio di ferro, il gruppo è infatti riuscito ad ottenere un allungamento da tre a cinque anni della convenzione con la Cdp. Per Caio era il più importante risultato da portare a casa in vista di una quotazione per la quale si fisserà “una più precisa scaletta nei prossimi mesi”. Un percorso di privatizzazione che porterà in dote ai mercati un obiettivo di raccolta del risparmio da 500 miliardi, il progetto della digitalizzazione della Pubblica amministrazione, prodotti finanziari più aggressivi, tagli alla consegna della posta e aumenti tariffari della corrispondenza.