Il presidente della Repubblica spinge il governo: "Nel Paese c'è malessere diffuso, ma l'esecutivo ha messo in campo progetti di cambiamento ampio. Non ridurre le norme sul lavoro al solo articolo 18 e su Italicum e Senato non si può tornare indietro". E sulla corruzione: "Combatterla è una priorità, ma no a generalizzazioni in politica"
Giorgio Napolitano mette in sicurezza il governo di Matteo Renzi, almeno per le ultime settimane del suo incarico al Quirinale. Il presidente della Repubblica spinge l’esecutivo su tutti i fronti, in particolare sul lavoro e sulle riforme istituzionali (pallino dal primo giorno del capo dello Stato). E dunque il messaggio di auguri alle alte cariche dello Stato diventa poco natalizio per le opposizioni, intese nel modo più ampio possibile: i sindacati rispettino le scelte del governo, le opposizioni parlamentari che dissentono sull’impostazione data dalla maggioranza all’Italicum e alla trasformazione del Senato in Camera delle autonomie non si lascino andare all’ostruzionismo “spregiudicato”. Anzi, a un certo punto, il presidente sembra parlare direttamente alla minoranza del Partito democratico, se non all’orecchio di Stefano Fassina o Pippo Civati: “Non possiamo essere ancora il Paese attraversato da discussione ipotetiche, se e quando e come si voglia e si possa puntare su elezioni anticipate” e se soffino “venti di scissione in questa o quella formazione politica, magari nello stesso partito di maggioranza relativa”. “E’ solo tempo e inchiostro che si sottrae” all’affrontare i problemi reali, afferma Napolitano, rimarcando come, dallo spettro dell’instabilità “il danno può essere grave”. Il capo del governo, Renzi, definisce quello di Napolitano un discorso “di grande livello, di alto profilo”.
Nel suo intervento di 26 minuti il capo dello Stato non ha fatto alcun cenno alle sue dimissioni, date per imminenti da molti giornali da molte settimane. Ha fatto però riferimento a una data, quella del 15 gennaio, in cui il presidente del Consiglio interverrà a Strasburgo, all’Europarlamento, per la fine del semestre europeo a guida italiana. Proprio quella data potrebbe coincidere con l’inizio del conto alla rovescia per l’annuncio dell’addio (questa volta definitivo) di Napolitano al Quirinale. Il presidente ammette che “gli auguri che quest’anno ci scambiamo si intrecciano strettamente con gli impegni che tutti condividiamo per il superamento degli aspetti più critici per la situazione economica e sociale”. Su questo, insiste Napolitano, si sta impegnando il governo che “ha annunciato una non breve serie di azioni di cambiamento, un tasso di volontà riformatrice che ha riscosso riconoscimenti e aperture di credito sul piano internazionale. Si è messo in atto un processo di cambiamento. Non si attenti alla continuità del nuovo corso”.
“Malessere, ma non rabbia: non appartiene a lotte operaie”
Nella società italiana “c’è un malessere diffuso” tra le famiglie e i lavoratori: “Molta sofferenza autentica, tensione, volontà di agire, impulso alla protesta e rassegnazione, non dico rabbia perché questo lessico non appartiene, credo, alla tradizione civile delle lotte operaie e popolari in Italia” afferma Napolitano. Il “clima sociale – prosegue – è indispensabile per poter portare avanti con coerenza la politica delle riforme programmate e l’azione di governo, in Italia e in Europa, in funzione del rilancio della crescita e dell’occupazione. C’è malessere diffuso tra milioni di famiglie impoverite, tra giovani che si vedono senza prospettive, tra lavoratori che sentono vacillare ogni sicurezza”. “Ma nell’insieme – sottolinea il capo dello Stato – ci deve preoccupare un clima sociale troppo impregnato di negatività, troppo lontano da forme di dialogo e sforzi di avvicinamento parziale che hanno nel passato spesso contrassegnato le relazioni sociali o politico-sociali. E allora dico – non solo ma anche ai sindacati, che sempre auspico (per un antico condizionamento di storia personale) costruttivamente uniti a cominciare dalle maggiori Confederazioni – allora dico: rispetto delle prerogative di decisione del governo e del Parlamento, senza improprie e devianti commistioni, e rispetto del ruolo che è naturale dei sindacati, di rappresentanza e – negli ambiti appropriati – negoziale; e sforzo convergente di dialogo anche su questioni vitali di interesse generale”.
Aiuta il consenso raccolto dal Pd alle Europee che “ha garantito accresciuto ascolto e autorità all’Italia nel concerto europeo, come si è visto nell’azione di Renzi per soluzioni unitarie e significative nella composizione e guida della commissione, dove si è espresso il rilevante riconoscimento del ruolo del Paese con la scelta del ministro Mogherini a rappresentare, far crescere e dirigere la politica estera e di sicurezza comune”. Ma in una situazione così difficile, dove il dialogo è difficile e sempre auspicabile, Napolitano raccomanda “massimo senso del limite, massimo rispetto della legge e del costume civile, nello svolgimento, non privo di incognite, della dialettica tra movimenti di opposizione e di protesta e autorità dello Stato garante dei diritti di tutti i cittadini”. Un concetto che il capo dello Stato ripete per vari scenari.
Jobs act, “non si riduca solo all’articolo 18”
Sul Jobs act, per esempio: “Ai sindacati per i quali sempre auspico che siano costruttivamente uniti chiedo il rispetto delle prerogative delle decisioni del governo e del Parlamento e uno sforzo convergente di dialogo anche su questioni vitali di interesse generale”. Un passaggio particolare lo riserva all’articolo 18: “Si sono poste le basi per un’ampia riforma del mercato del lavoro, aperta a molteplici esigenze di necessario rinnovamento, e divenuta improvvidamente oggetto di un’interpretazione riduttiva, concentrata sul punto di massimo possibile dissenso. Superato il rischio di quell’approccio strumentale (in qualsiasi senso) e deviante, la riforma è ora già alla vigilia delle sue specificazioni applicative attraverso i decreti delegati. Considero importante – e così lo considerano osservatori e partner europei – questo risultato”.
Riforme, “no a un ostruzionismo spregiudicato”
E ovviamente stesso discorso vale per le riforme istituzionali. “Chi dissente dalle riforme istituzionali non deve farlo con spregiudicate tattiche emendative – spiega il presidente – Tornare indietro alla ormai sancita trasformazione del Senato significherebbe solo vulnerare fatalmente la riforma. Rispettare la coerenza delle riforme in gestazione, anche quella elettorale, è un dovere di onestà politica e di serietà”. Quello messo in campo sulle riforme è “un programma vasto, ma che ha dato il senso di quale cambiamento fosse divenuto indispensabile e non più eludibile” e “in Europa ci siamo presentati con le carte in regola per il rispetto dei vincoli. A ciò deve corrispondere, in primo luogo in Parlamento, la massima serietà e saper passare sempre più da parole a fatti per procedere con coerenza e senza battute di arresto sulle riforme”. Per quanto riguarda più in particolare il superamento del bicameralismo perfetto, è tornato indietro nel temo ricordando gli appunti di personalità come Meuccio Ruini e Leopoldo Elia che anni fa posero il problema della differenziazione del funzionamento delle due Camere. Tema che, anni dopo, hanno ripreso sia Enrico Letta che Matteo Renzi affrontando una riforma che riflette “qualcosa di attuale e concreto in merito all’agibilità del processo legislativo” degradatosi qualitativamente nel corso degli anni anche con voti di fiducia su emendamenti abnormi lesivi della chiarezza delle norme”.
Corruzione, “priorità combatterla, ma no a generalizzazione su politica”
Ma il capo dello Stato torna sulla corruzione, tema sul quale era stato criticato nei giorni scorsi dopo aver parlato dell’antipolitica come peggiore patologia del Paese. “C’è forte priorità – dice Napolitano per misure serene e scelte operative contro il mostro della corruzione e la piaga del malaffare. E l’impegno su altri fronti importanti per una azione sistemica di risanamento morale e risanamento dello Stato: un’opera di lunga lena sulla quale ci stiamo inoltrando” anche con i “capitoli che si stanno aprendo sulla scuola e la giustizia”. E pare voler precisare meglio il concetto espresso nei giorni scorsi: è “essenziale colpire i soggetti politici” coinvolti negli scandali di corruzione. “Bisogna colpire i bersagli giusti negli intrecci con la criminalità. Solo le generalizzazioni improvvide verso politica vanno evitate perché fuorvianti”.