I due intellettuali, insieme a Adriano Prosperi e Luca Serianni, intervengono sul piano industriale dell'azienda, che ha deciso di licenziare 17 dei 32 dipendenti. "Le scelte prospettate dalla proprietà - scrivono i formatari - oltre a incidere sulla vita delle persone coinvolte, determineranno un impoverimento del panorama editoriale"
“Salviamo i dipendenti della Carocci Editore“. E’ l’appello sottoscritto da quattro importanti intellettuali italiani come Alberto Asor Rosa, Tullio De Mauro, Adriano Prosperi e Luca Serianni, dopo che nei giorni scorsi il piano industriale della casa editrice romana, esperta nella pubblicazione di saggi universitari a livello internazionale, ha previsto 17 licenziamenti su 32 dipendenti presenti in azienda. “Apprendiamo con profonda preoccupazione del piano industriale presentato il 10 dicembre 2014 da Edifin, piano che prevede il licenziamento di oltre metà dei lavoratori della Carocci. È evidente che un intervento di questa portata non prefigura un auspicabile rilancio della casa editrice e, anzi, sembra preannunciare un ulteriore prossimo ridimensionamento, se non un vero e proprio smantellamento”, spiegano i quattro firmatari dell’appello pubblico.
“Le scelte prospettate dalla proprietà, oltre a incidere sulla vita delle persone coinvolte, determineranno un impoverimento del panorama editoriale e priveranno l’università italiana e, più in generale, il mondo della cultura di un interlocutore attento, credibile e scrupoloso – continuano i quattro – Auspichiamo vivamente che il piano industriale possa essere rivisto in modo radicale, con la duplice finalità di garantire la piena occupazione al personale di Carocci e di preservare, anzi rafforzare, il pluralismo dell’editoria italiana”.
L’appello firmato da Asor Rosa, De Mauro, Prosperi e Serianni giunge dopo che di fronte alle rsu della Carocci editore, presso la sede romana di Unindustria, Giovanni Belluzzi, presidente del cda dell’azienda, e Giuliano Bassani, amministratore delegato della Carocci editore e della Società editrice il Mulino, hanno presentato il piano industriale con l’imminente e drastica riduzione del personale. “Gli stessi dirigenti pochi giorni fa hanno presentato al Mulino un piano di ristrutturazione che non prevede alcun licenziamento”, si legge nel comunicato delle Rsu. “Il gruppo Edifin, proprietario di entrambe le case editrici, salva il Mulino e smantella Carocci”.
E’ infatti del luglio 2009 l’acquisizione della casa editrice romana da parte dello storico editore bolognese che ora ne possiede il 60%. All’epoca si parlò di rilancio di entrambe le aziende, ma dopo cinque anni è arrivata la cassa integrazione per i dipendenti della casa editrice felsinea e ora i tagli per quella romana. Oltretutto, a quanto dicono i lavoratori della Carocci, il piano aziendale di gruppo annunciato non è mai arrivato e tra il 4 e il 10 dicembre scorsi ne sono stati presentati due distinti di ristrutturazione che hanno palesato soluzioni nettamente diverse: la costituzione al Mulino di una nuova società produttivo-redazionale a totale capitale dell’azienda (la Edimill) e un piano massiccio di esuberi in Carocci.
“E’ da un anno che siamo in cassa integrazione simile a quella dei colleghi di Bologna“, spiegano i dipendenti Carocci. “Ora chiediamo che venga riaperto un tavolo di trattativa che non è mai stato aperto. Le rsu non potevano che fermarsi e sentire i lavoratori per capire le loro opinioni dopo la comunicazione del piano aziendale”. I dipendenti sono rimasti inoltre delusi dalla mancanza di una strategia commerciale che secondo loro non avrebbe valutato a dovere le peculiarità saggistiche universitarie concentrandosi troppo su progetti come “Write it” (quaderni, taccuini e agendine modello Moleskine), poco legati ai contenuti tradizionali di Carocci. Sui 17 esuberi aziendali quattordici tra redattori, correttori di bozze ed editor entreranno in cassa integrazione straordinaria; le funzioni di tre dipendenti del personale amministrativo, invece, verranno assorbite dagli uffici bolognesi; infine altri tre lavoratori entreranno in cassa integrazione ordinaria.