Il sistema di emergenza eCall sarà obbligatorio su tutte le nuove auto commercializzate nell’Unione Europea dal 31 marzo 2018. Manca ancora l’avallo del Consiglio UE e dell’Europarlamento, attesi con l’inizio del nuovo anno, ma la votazione della Commissione Mercato Interno è stata chiara: trenta favorevoli, un contrario e due astenuti. Così, salvo clamorosi intoppi, da qui a poco più di tre anni ogni nuova vettura avrà il suo chip e la sua Sim che, in caso di incidente chiameranno automaticamente il numero unico di emergenza europeo 112, inviando i dati sul veicolo e sulla posizione esatta. Si spera che nel frattempo l’Italia si adegui, visto che da noi il 112 è ancora collegato alle stazioni dei Carabinieri, ma l’impresa è, neanche a dirlo, titanica. Infatti l’obbligo del numero unico è scattato per tutti i paesi europei già nel 2008 e nel 2009 siamo stati condannati dalla Corte di Giustizia UE per non averlo attivato. La tipica vicenda burocratico-amministrativa all’italiana, a cui siamo fin troppo abituati.
La eCall dovrebbe essere ‘dormiente’ e attivarsi solo in caso d’incidente o quando l’automobilista l’aziona manualmente
A ogni modo lo scopo della eCall è semplice: accelerare l’arrivo dei soccorsi e prepararli al tipo di scenario che si troveranno ad affrontare. E se per ora l’obbligo è stato deciso per le auto private e i veicoli commerciali leggeri, potrebbe anche essere esteso ai mezzi pesanti, pullman turistici compresi. L’importanza di questo dispositivo – già disponibile su molti modelli – è dimostrata dai numeri. Secondo la Commissione Europea, a fronte di un costo complessivo di circa 100 euro per singola auto, i tempi di intervento diminuiranno del 40% in città e del 50% nelle aree extraurbane; cioè vorrebbe dire che si potrebbero salvare almeno 2.500 dei 28.000 morti causati ogni anno da incidenti stradali nel Vecchio Continente, che costano alla collettività 130 miliardi di euro. Tutto bello, tutto bene, quindi? Non proprio, perché il tema della privacy è centrale e le rassicurazioni sul funzionamento del sistema lasciano spazio a qualche dubbio.
Secondo la Commissione Europea, la localizzazione dell’incidente ridurrà i tempi di intervento del 50% nelle aree extraurbane
Nelle intenzioni del legislatore, infatti, la eCall dovrebbe essere ‘dormiente’ e si attiverebbe solo quando i sensori dell’auto rilevano un incidente o quando l’automobilista l’aziona manualmente. Niente tracciamento dei veicoli, quindi, ma non bisogna essere dei complottisti per intuire che il trio Sim-Gps-chip è ad alto potenziale. Basta immaginare le possibilità commerciali e di marketing date dal sapere dove si trova ogni singolo cliente. Del resto la eCall potrà tranquillamente convivere con servizi di terze parti, a patto che sia sempre automaticamente disponibile e che abbia priorità nell’utilizzo delle risorse.
Lo sa bene Vodafone, che ad agosto ha perfezionato l’acquisizione della Cobra, l’azienda italiana che fornisce servizi telematici e di geo-localizzazione a case automobilistiche e assicurazioni. Ma non si tratta solamente di scatole nere per risparmiare sulla polizza o di un business per compagnie telefoniche. Quello dell’auto connessa è un business miliardario (141 miliardi di dollari solo negli Stati Uniti entro il 2020, secondo Allied Market Research) e tutto da inventare.