Grazie al prezzo del petrolio calato a picco sotto i 60 dollari al barile, ma anche a causa della contrazione dei consumi, quest’anno l’Italia pagherà per le proprie forniture energetiche il 20% in meno rispetto al 2013. La stima arriva dall’Unione petrolifera (Up), l’associazione che raggruppa le principali aziende della raffinazione e distribuzione di carburanti. L’esborso complessivo della Penisola nel 2014 si fermerà a 45 miliardi contro i 56 dell’anno precedente. Mentre alcuni Paesi produttori, dal Venezuela alla Russia di Vladimir Putin, precipitano in una spirale di recessione e inflazione, dunque, l’Italia grande importatrice – oltre l’80% del fabbisogno è coperto con gli acquisti dall’estero – festeggia. Si fa per dire, nel senso che parte del risparmio è causata dalla recessione: il calo dell’attività produttiva ha fatto scendere la domanda del 5,1 per cento. Nel complesso, i consumi si sono fermati a 157,6 milioni di tonnellate di petrolio equivalente, tornando sui valori degli anni ’80. La scivolata del barile, comunque, contribuisce non poco: secondo presidente dell’Up, Alessandro Gilotti, “per ogni 20 dollari di riduzione dei prezzi per almeno un anno il Pil italiano cresce di mezzo punto”. Anche il Centro studi di Confindustria stima “un guadagno di 14 miliardi annui” e un impatto dello 0,3% sul prodotto interno lordo 2015 e dello 0,5% su quello del 2016, spiegando che il calo “comporta il trasferimento di oltre mille miliardi di euro di reddito annuale da un ridottissimo numero di produttori, con enormi ricchezze, ad un’ampia platea di consumatori e imprese nei paesi avanzati, con una più alta propensione alla spesa”.
Guardando alla media dell’anno, comunque, le bollette di aziende e famiglie sono state un po’ più leggere rispetto al 2013. Così come il conto pagato dagli automobilisti alla pompa di benzina, che è però diminuito meno di quanto avrebbe potuto: il prezzo al consumo risulta oggi superiore di circa 27 centesimi rispetto al novembre del 2010, quando il greggio e i prodotti raffinati erano alle stesse quotazioni attuali. A pesare, come sempre, è il carico fiscale, unito all’effetto del tasso di cambio euro-dollaro e alla strutturale scarsa concorrenza della rete distributiva italiana. Al netto di tasse e cambi, secondo l’Up, oggi la benzina costerebbe meno di 1,4 euro/litro e il gasolio meno di 1,2.
Secondo l’Unione petrolifera una riduzione dei prezzi del barile di 20 dollari per almeno un anno fa crescere il Pil italiano di mezzo punto
Sul fronte della domanda, la contrazione ha riguardato praticamente tutte le fonti, a eccezione delle rinnovabili (+3,9%), il cui peso sul totale è salito a circa il 19%, e delle importazioni nette di energia elettrica (+2,3%). Il petrolio, in calo del 4,5%, si conferma ancora una volta la principale fonte di energia, con un peso percentuale del 35,4%, in leggera crescita rispetto allo scorso anno. Non c’è stato, dunque, il sorpasso da parte del gas, che con una contrazione dell’11% e un peso pari al 32,4% resta dietro al greggio ed è il “grande perdente” del 2014. Il gas ha risentito in particolare della riduzione della domanda elettrica e della forte concorrenza delle fonti “verdi”, che hanno messo fuori mercato molti impianti anche di nuova generazione e ad alto rendimento, ma anche delle temperature miti.
Per quanto riguarda i consumi petroliferi, nonostante la flessione del 4,5% l’Up evidenzia “qualche timido segnale positivo sul fronte dei carburanti”. Benzina e gasolio insieme hanno registrato un incremento dello 0,5%, il primo dal 2006. Complessivamente, però, la flessione totale dei consumi petroliferi nel decennio 2004-2014 è stata pari a oltre 32 milioni di tonnellate, un crollo del 36 per cento.