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Cuba, ‘i Cinque’ sono liberi: una vittoria per la giustizia, la democrazia e la pace

Dopo oltre quattordici anni di ingiusta detenzione negli Stati Uniti sono stati finalmente liberati Gerardo Hernandez, Ramon Labañino ed Antonio Guerrero, i tre dei cinque combattenti antiterroristi cubani ancora in carcere (René Gonzalez e Fernando Gonzalez erano stati già liberati nel corso dell’ultimo anno).

La vicenda dovrebbe essere nota ai lettori de il Fatto, anche perché vi ho dedicato vari post, avendola seguita recandomi a varie udienze del processo negli Stati Uniti e partecipando a varie iniziative in giro per il mondo per la loro liberazione.

‘I Cinque’ erano stati arrestati dopo una riunione fra Dipartimento di Stato, Fbi ed autorità cubane, nel corso delle quale queste ultime avevano denunciato,  in base alla documentazione raccolta dai Cinque, le attività terroristiche condotte a partire da Miami da alcuni membri della comunità cubano-americana fuoriuscita contro Cuba. Attività che, come ricordavo nel primo dei post dedicati alla vicenda, erano costate a Cuba nel corso degli anni oltre tremila morti, migliaia di feriti e mutilati e ingenti danni economici. La missione dei Cinque e i suoi molteplici risvolti sono oggi raccontate da vari libri, fra i quali quello di Fernando Morais, Los últimos soldados de la guerra fría (Gli ultimi soldati della guerra fredda), che auspichiamo di poter pubblicare prossimamente anche in italiano e film, come The Cuban Wives, opera del giovane regista Alberto Antonio Dandolo, che ha vinto vari premi in concorsi internazionali cinematografici.

Obama ha quindi alfine raccolto gli appelli, sottoscritti da Premi Nobel, intellettuali e giuristi di ogni parte del mondo, che chiedevano la liberazione degli ultimi tre dei Cinque ancora detenuti. Come sottolineato da molti, quello contro i Cinque è  stato di un processo politico privo di ogni base giuridica, così come completamente pretestuose sono risultate le condanne per concorso in cospirazione volta a commettere omicidio (contro Gerardo Hernandez) e cospirazione volta a commettere spionaggio aggravato (contro Gerardo e gli altri quattro). Sul tema è stata particolarmente interessante e ricca di informazioni e indicazioni la Conferenza che si è svolta a Londra il 7 e 8 marzo scorsi, sulla quale pure avevo informato i lettori de il Fatto.

E’ stata una vittoria dell’umanità senza aggettivi, che consentirà ben presto a Gerardo, Ramon e Antonio di riabbracciare presto i loro familiari. Un fatto di cui devono rallegrarsi tutte le persone di buona volontà ed animo onesto, al di là di ogni ideologia.

E’ stato liberato anche il cittadino statunitense Alan Gross, detenuto da quattro anni a Cuba per attività spionistiche, che potrà presto anche lui riabbracciare i suoi cari.

La giusta ed opportuna decisione del Presidente statunitense rientra nel quadro di una concorde volontà, da più parti lungamente auspicata, di Stati Uniti e Cuba di dar vita a una nuova fase di relazioni bilaterali che dovrebbe vedere, dopo oltre cinquantacinque anni, la fine dell’odioso e inutile embargo statunitense contro Cuba e l’apertura di relazioni diplomatiche piene e normali. Era ora! Auspichiamo che i due Paesi possano dare vita a una cooperazione internazionale su vari piani, nel rispetto della storia rispettiva e nell’interesse di tutto il continente americano e del mondo intero.

Per una felice coincidenza, la liberazione dei Cinque avviene oggi, giorno del centottantaquattresimo anniversario della morte del libertador Simon Bolivar, simbolo dell’integrazione latinoamericana e della liberazione del continente da ogni forma di oppressione. Quest’ultimo, in una sua famosa lettera, aveva ammonito che “Gli Stati Uniti sembrano destinati a diffondere la miseria in America col pretesto della libertà”. Profezia purtroppo realizzatasi nel corso dei secoli. Ma oggi, la liberazione dei Cinque e la volontà concorde di Washington e La Habana di dar vita a una nuova fase delle loro relazioni reciproche lascia ben sperare sul suo possibile superamento in positivo. A condizione dell’abbandono di ogni politica interventista e dell’avvio, fra Stati Uniti e America Latina, di un fruttifero dialogo interculturale basato sul rispetto reciproco, la pari dignità e la cooperazione internazionale nell’interesse comune dell’umanità contro i pericoli globali che la minacciano.