Il 17 dicembre 2014 sarà ricordato a lungo dai sostenitori della causa palestinese: stamattina la richiesta del Tribunale dell’UE della rimozione  di Hamas dalla lista nera delle organizzazioni terroristiche, poco fa il voto del Parlamento Europeo che riconosce (ma solo “di principio”) lo Stato di Palestina e in giornata la conferenza, organizzata dalla Confederazione elvetica, con gli Stati parte della Convenzione di Ginevra per parlare di diritto umanitario e Territori palestinesi; conferenza che Usa ed Israele hanno deciso di boicottare.

10° Anniversario per commemorare la morte del leader palestinese Yasser ArafatA tre mesi esatti dalle elezioni israeliane, i rapporti tra il mondo e Tel Aviv non sono stati mai così tesi. Certo, sul piano pratico, il riconoscimento dello Stato palestinese è in questo momento niente più che un atto simbolico, farcito di “se, ma e previ accordi tra le parti” mentre la sentenza che suggerisce la rimozione di Hamas dall’elenco del terrore è stata pronunciata solo da un tribunale di primo grado della gerarchia giudiziaria europea (con possibile, anzi probabile, rovesciamento del giudizio da parte della Corte di Giustizia Ue quando verrà presentato appello) su questioni squisitamente di diritto, ma la reazione rabbiosa dell’establishment ebraico la dice lunga, su quanto, da quelle parti, siano tesi i nervi.

Bibi Netanyhau, “ordinando immediatamente” [sic] all’Ue di rimettere immediatamente Hamas al suo posto tra i cattivi, mostra i denti ed il forte risentimento per l’assedio della comunità internazionale al fortino ebraico in Medio Oriente. Assedio che colpisce ormai su tutti i fronti diplomatici; parlamenti nazionali, Parlamento Europeo, Consiglio di Sicurezza dell’Onu, organi giurisdizionali Ue, Corte Penale Internazionale, IV Convenzione di Ginevra: ormai non c’è più sede istituzionale dove i leader palestinesi non lavorino per aggiungere un nuovo tassello (per ora solo su carta) al mosaico globale che dovrebbe, presto o tardi, accogliere (a pieno titolo) anche lo Stato di Palestina.

La furia dei colonnelli del Likud, degli alleati di governo e di gran parte dell’opposizione del Labor, non ha più freni: i parlamenti di Francia ed Irlanda che hanno suggerito di riconoscere la Palestina, sono stati accusati di antisemitismo da Tel Aviv mentre la protesta con la Svezia, primo paese a votare il riconoscimento, si manifestò con la sospensione delle relazioni diplomatiche. Secondo Danny Danon, deputato del Likud: “In Europa devono essersi dimenticati che Hamas ha rapito ed ucciso tre giovani israeliani innocenti”.

In Europa non ci siamo dimenticati di loro né degli oltre 1500 civili uccisi dalle operazioni dell’IDF e delle migliaia di sfollati palestinesi a causa delle operazioni di ripopolamento (ebraico) del West Bank. D’altronde che l’operazione “Protective Edge” e la successiva ondata colonizzatrice della Cisgiordania (non si ricorda da tempo un intervento tanto invasivo e massiccio) abbiano isolato Israele a livello internazionale è ormai abbastanza chiaro, ma le recenti operazioni volte a fomentare il “nazionalismo ebraico”, come il disegno di legge sullo Stato degli ebrei ed il colpo di mano sulle elezioni anticipate, hanno aperto anche un pericoloso fronte interno.

Bibi accelera a destra, e vorrebbe trasformare le elezioni in un plebiscito su se stesso, anche a costo di lacerare, dividere ed isolare ulteriormente il suo paese.

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