“So’ tanti che vengono a fa’ ricerche sulle borgate, e io je dico sempre famo a cambio… si volete capì qualcosa delle borgate, ce venite a stà du’ anni e io me trasferisco a casa vostra”. Questa frase raccolta da Walter Siti nel libro Il contagio è quasi un poema dell’abbandono, descrive meglio di un saggio il senso di irrimediabile desolazione che si respira in molte periferie italiane.

Se al ricercatore di turno viene proposto uno scambio di domicilio, una sorta di “Erasmus” entro confini urbani, il politico viene invece invitato, più o meno garbatamente, a incrociare al largo. La politica doveva essere sorgente e destinataria di speranze e fiducia, rappresentare, almeno a sinistra, il motore del riscatto, ma a sua volta si è tenuta lontana da luoghi che andrebbero esplorati avendo in mente una ricetta contro la disuguaglianza.

Già Quintino Sella – è sempre Siti a raccontarlo – sosteneva che “la presenza di grandi masse operaie” nel centro della città è sconsigliabile perché potrebbe alterare “un equilibrio di poteri” molto delicato. Poveri e diseredati erano dunque una minaccia per una politica che lo storico Donald Sassoon ha descritto così: “Il Parlamento era sostanzialmente un’arena in cui i rappresentanti degli interessi terrieri e industriali si accapigliavano su ogni singola legge o misura finanziaria. Gli oppositori si trasformavano in sostenitori attraverso corruzione diretta o indiretta, da cui la definizione spregiativa del sistema come trasformismo”.

Subito dopo l’Unità, la politica era una creatura gracile, programmaticamente sorda ai bisogni di chi viveva del proprio lavoro, e già vorace di finanziamenti che percorrevano i canali sotterranei dell’illegalità. Debolezza congenita del potere legittimo e malaffare crescevano insieme, alimentandosi a vicenda. I più deboli restavano ovviamente ai margini, la legalità anche.

A oltre un secolo di distanza non molto sembra essere cambiato. Anzi, stando ai primi sconvolgenti risultati di inchieste come quella su “Mafia Capitale” la politica sembra essere diventata lancella dei poteri criminali. Erano questi ultimi a occuparsi delle periferie romane, potendo controllare gli appalti su accoglienza, campi rom, rifiuti.

Cinquecento chilometri più a nord, Gianstefano Frigerio, un altro gran manovratore di appalti finito in manette nell’ambito dell’inchiesta Expo, poteva persino permettersi di pontificare al telefono sul concetto di legalità: “…se tu la tratti, come l’unico valore che un paese ha scassi tutto…l’illegalità c’è in tutto il mondo, bisogna trattarla con normalità”. Naturalmente ce l’aveva coi magistrati e le sue idee sono identiche a quelle della parte più berlusconiana della destra italiana.

E nel partito più importante della sinistra che succede? Achille Occhetto, il segretario che trasformò il Partito Comunista Italiano nel Partito Democratico della Sinistra, dunque uno dei più autorevoli testimoni della lunga transizione all’attuale Pd, ha detto che nel Pci non c’erano le correnti ma si sapeva cosa pensavano dirigenti come Amendola, Terracini, Pajetta, Chiaromonte; nel Pd le correnti ci sono, ma non si sa cosa pensi chi le rappresenta.

Qualche settimana fa, Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana, è stato coperto di insulti per essersi fatto fotografare insieme a un gruppo di rom, suoi vicini di casa. Quello che più ha colpito è stata la sostanziale afonia del suo partito, il Pd. Su tutto si può dissentire, anche su un’iniziativa come quella di Rossi – contro corrente, visti i tempi, ma che vista da sinistra dovrebbe apparire scontata nella sua normalità. Perché allora non motivare il proprio punto di vista? Scoperchiati il “mondo di mezzo” e altri verminai, si è data un’accelerata alle nuove norme sulla corruzione – con risultati modesti, ma non è questo il punto – quello che però riesce difficile capire è se esista un pensiero del Pd sulla legalità, qualcosa che prescinda da inevitabili mediazioni parlamentari ed evitabilissimi “patti” extraparlamentari.

Una parte della politica, quella che dovrebbe dare voce ai più deboli, fa di tutto per apparire priva di idee – ammesso che queste ci siano. Dall’altra, purtroppo, c’è qualcuno che, come Gianstefano Frigerio, le idee sembra averle chiarissime e le condivide con la destra. C’è stato un periodo in cui, a sinistra, legalità e giustizia sociale, lotta alle mafie e battaglia per il riscatto delle periferie marciavano insieme. Il partito di Berlinguer era lo stesso di Luigi Petroselli, il sindaco che garantì gli allacciamenti alla rete idrica a molte borgate romane.

Oggi ci sono sindaci di centrosinistra – a Bologna e Milano, ad esempio – che ancora si battono per le periferie, ma senza il supporto di un partito, il Pd, e delle sue idee. Mancano gli anticorpi che impediscano a una capitale che, stando agli atti, è potenzialmente corrotta di infettare il resto del Paese.

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