C’è un altro aspetto per cui la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024 è, oltre che inopportuna, profondamente sbagliata, specie nei modi in cui è stata annunciata da Matteo Renzi. Si è dibattuto moltissimo in questi giorni, anche nei vari talk show serali, sul fatto che presentare Roma coma candidata proprio nel momento in cui la città è piegata sotto il peso delle inchieste giudiziarie fosse una scelta con una tempistica davvero grottesca.

Coni - Matteo Renzi annuncia la candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024

Ma la mossa di Renzi svela anche un’altra caratteristica del suo modo di fare politica che è, soprattutto, angosciante. Perché il rilancio continuo, l’annuncio perenne di leggi, eventi, gli slogan all’insegna dell’ottimismo e del guardare in avanti producono in chi ascolta una dissonanza emotiva e l’impossibilità, che sarebbe invece necessaria, di stare fermi per qualche tempo su ciò che è successo. Per elaborarlo, anche psichicamente, e quindi anche per capirne le vere conseguenze in modo che si possano radicare degli anticorpi contro ciò che è accaduto. Quello che le inchieste su Roma, e non solo, hanno mostrato, è un quadro veramente devastante: a livello etico, politico, pubblico ma anche, appunto emotivo e psicologico profondo. Tornano nei nostri sogni immagini di gente senza scrupoli, violenta, che si appropria e distrugge aspetti che riguardano la vita nostra e dei nostri bambini. Aumenta il nostro malessere, il disagio, la percezione di insicurezza, l’ansia.

D’altronde i segni della corruzione e della violenza erano presenti da tempo e noi romani in parte avevamo già intuito ciò che poi, in parte, è accaduto. Bastava vedere i cassonetti rovesciati ovunque, anche in pieno centro storico, e la mancata raccolta differenziata, bastava vedere i giochi divelti nei parchi, sporchi, pericolosi, bastava vedere la sofferenza di chi era senza casa e non riusciva ad ottenerla. Tutto ciò, unito a quello che è emerso nelle inchieste, racconta di un’Italia disperante, dove la corruzione è endemica, dove quei pochi soldi pubblici che andrebbero distribuiti con oculatezza vengono sperperati quando la crisi sta distruggendo le esistenze di tante persone.

Di nuovo: ciò che è accaduto è così grave che si è radicato nelle nostre emozioni profonde, producendo incubi e paure. Questi terrori profondi, e profondamente giustificati, avrebbero bisogno di istituzioni e politici che se ne facessero carico, chiamandoli per nome e dando delle risposte concrete, soprattutto restando, almeno per un po’, sull’aspetto tragico dei fatti emersi. Invece cosa fa il premier? Afferma, genericamente, che si tratta di uno schifo, salvo pochi istanti dopo, correre a rilanciare. Un nuovo evento futuro che rimuove ciò che non può essere rimosso, ciò che non si può far finta di vedere, ciò che meriterebbe una lunga e dolorosa riflessione su quello che stiamo diventando e su dove stiamo andando.

Invece non c’è nulla di tutto questo. Renzi il tragico non lo maneggia. Forse ne è persino spaventato lui, troppo fragile per farsi carico di emozioni che pure dalle istituzioni dovrebbero essere riflesse ed elaborate. Meglio lanciare nuovi slogan, meglio muovere forsennatamente le acque. Ma Roma, e l’Italia, in questo momento avrebbero bisogno di qualcuno che dicesse: ciò che è accaduto è veramente gravissimo. Il nostro Paese è in guerra. Non ci aspettano mesi facili. Ma noi faremo tutto ciò che è possibile per vincere questa guerra che sta spargendo dolore e morte, che sta distruggendo le vite dei cittadini romani e non solo. Qualcuno, insomma, che non si mostrasse ottusamente speranzoso per il futuro, col suo carico di retori dell’ottimismo a seguito, ma si facesse carico di un lavoro del lutto che non può essere evitato.

Quel lutto che nasce dall’aver scoperto che la politica è fragilissima e facilmente corrompibile, che la corruzione e la nuova mafia sono in grado di infiltrarsi ovunque e manipolare chi incontra sulla propria strada, che non abbiamo vere difese contro questa nuova violenza che si aggiunge ai tanti eventi tragici di questi tempi: la crisi economica, l’incertezza globale, i nuovi fondamentalismi. Ma il rimosso, come insegnano gli psicoanalisti, aumenta fantasmi e paure, li rende ancora più angoscianti. E può tradursi nel voto verso nuovi populismi, nell’astensione altissima, ma anche in malesseri e disagi psichici diffusi che solo chi ha gli strumenti culturali riesce a leggere come una conseguenza di ciò che è accaduto nelle nostre vite, e soprattutto delle mancate risposte a fatti di angosciante gravità.

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