Moda e Stile

American Apparel, via Dov Charney dopo le cause per molestie sessuali

di Davide Turrini

American Apparel, leader nel settore della produzione di t-shirt e intimo in cotone “made in Usa”, ha definitivamente licenziato il suo storico, discusso fondatore e presidente Dov Charney. Al suo posto arriverà Paula Schneider della BCBG Max Azria. Quello che molti quotidiani americani e francesi hanno definito lo “psicodramma” o “feuilletton” della popolarissima azienda di Los Angeles è in realtà scoppiato un anno fa quando Charney, personaggio estroso e lungimirante a livello commerciale, tanto quanto incontrollabile dal punto di vista comportamentale sul luogo di lavoro, è stato accusato da diverse dipendenti dell’AA di molestie sessuali – almeno 5 da inizio 2000 – e atteggiamenti non proprio consoni ad un ufficio, come masturbarsi e girare nudo per i corridoi.

Il 45enne nato a Montreal (Canada), di origine ebraiche, già a metà anni ottanta quando era liceale iniziò ad importare oltre il confine canadese le t-shirt monocolore Hanes e Fruit of the Loom. Nel 1989 l’illuminazione: sempre da Montreal con un prestito paterno di 10mila dollari Charney fonda l’American Apparel che prima si trasferisce in South Carolina per stampare in proprio t-shirt di cotone poi nel 2000 trova definitivamente casa a Los Angeles. Basando la sua produzione solo in California senza esternalizzare all’estero nessuna fase di lavorazione delle magliette, e vendendo attraverso negozi di proprietà, AA diventa leader del settore e Charney imprenditore dell’anno per numerose riviste. Oggi lo stabilimento californiano nel centro di Los Angeles, grande 74mila metri quadrati, dà lavoro nei suoi uffici di sette piani ad oltre 4mila dipendenti – 10mila tra i 230 punti vendita sparsi nelle grandi capitali mondiali – pagandoli 10 dollari l’ora e producendo 275mila pezzi al giorno comprendendo intimo, felpe e camicie per un fatturato di 633 milioni di dollari. Anche se è proprio in questo luogo di lavoro dorato che Charney ha dato il meglio di sé in talmente tante occasioni che il consiglio d’amministrazione, per l’immagine negativa provocata all’azienda, l’ha destituito dal suo ruolo cruciale.

I problemi per l’industriale canadese iniziano nel 2007 quando Woody Allen lo querela per una serie di cartelloni pubblicitari della AA che vedono l’attore newyorchese esposto con barbone e copricapo yiddish da una scena di Io e Annie. Allen chiede 10 milioni di dollari all’AA per non aver autorizzato la sua immagine a fini commerciali. Dopo è il turno delle dipendenti molestate, almeno cinque i casi dal 2000, anche se la storia più recente, quella di Irene Morales che chiede 260milioni di dollari di risarcimento sembra essersi chiusa in nulla perché sono state trovate email con foto osé in cui è la ragazza a provocare il padrone. Lui stesso si definisce “un po’ sporcaccione” e celebri sono le campagne pubblicitarie dell’azienda con modelle, spesso giovanissime o pornostar come Sasha Grey e Faye Regan, a gambe aperte o ritratte in atti sessuali, o ancora nude con capezzoli coperti da scritte scherzose. L’apoteosi Charney la raggiunge nel 2004 nella celebre intervista di Claudine Ko del magazine Jane. Alla domanda “Come ti rilassi?”, l’uomo si slaccia i pantaloni e inizia a masturbarsi.

A fare da contraltare all’ “esuberanza” sessuale di Charney ci sono le battaglie politiche ed etiche che l’hanno visto in prima fila per difendere i migranti messicani in California, la t-shirt AA “Legalize Gay” per rendere regolari i matrimoni tra omosessuali; gli spacci aziendali del venerdì con la propria merce venduta a 1 dollaro; massaggiatori per i dipendenti stanchi. In tutto questo bailamme di accuse e controaccuse, di cause legali aperte e chiuse, AA ha da diversi anni cominciato a perdere consistenti fette di ricavi nell’ordine di decine di migliaia di dollari. Proprio nel momento in cui il licenziamento e la sostituzione di Charney nelle scorse ore è diventato definitivo, Wall Street ha fatto guadagnare al titolo più di 5 punti. E ci sono già detrattori che più che le molestie sessuali vedono il declino dell’American Apparel nell’esoso compenso per i dipendenti: una maglietta ad H&M costa pochi centesimi, all’AA nell’era tramontata Charney 3 dollari.

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