Nei comuni di Bagaladi e San Lorenzo, nel basso Jonio reggino, un abitante su trenta ha legami con la ‘ndrangheta. Come ha sottolineato il procuratore Federico Cafiero De Raho “è questo uno dei dati più impressionanti” dell’inchiesta “Ultima spiaggia” che ha portato all’arresto di 52 persone per associazione mafiosa, concorso esterno, estorsioni, corruzione e traffico di droga. I due comuni hanno complessivamente 3mila abitanti dei quali più un centinaio, oggi, sono iscritti nel registro degli indagati.
Su richiesta del procuratore aggiunto Nicola Gratteri e del sostituto Antonio De Bernardo, i carabinieri hanno stroncato la cosca Paviglianiti. Dalle indagini è emerso come il comprensorio fosse interamente sotto il controllo della famiglia di ‘ndrangheta che ha contatti con le potenti cosche Tegano di Archi e Morabito di Africo.
Grazie alle intercettazioni telefoniche e alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, l’inchiesta “Ultima spiaggia” ha ricostruito l’organigramma della cosca guidata dal boss Settimo Paviglianiti. Quest’ultimo, secondo gli inquirenti, decideva addirittura gli appalti pubblici. “Quest’appalto gliel’ho fatto prendere io” è la frase del boss intercettata dai carabinieri nel corso delle indagine nell’ambito della quale è stato arrestato anche il capo ufficio tecnico del Comune di San Lorenzo, Carmelo Borrello, e altri due dipendenti dell’ente commissariato da alcuni anni dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose. I tre impiegati comunali avrebbero agevolato i Paviglianiti con diverse omissioni soprattutto nel rilascio di licenze nel settore commerciale.
Nonostante la presenza dei commissari, la ‘ndrangheta continuava a comandare all’interno del palazzo comunale. “La cosca qui decide tutto. – ha sottolineato il magistrato Gratteri durante la conferenza stampa – Andrebbe modificata la norma e consentire alla prefettura di azzerare non solo la classe politica ma anche l’apparato amministrativo”. Parole durissime quelle che il gip Cinzia Barillà ha scritto nell’ordinanza di custodia cautelare eseguita stamattina all’alba: “L’organizzazione mafiosa dei Paviglianiti, forte del suo potere intimidatorio, della sua capacità di infiltrazione nel tessuto economico, degli appoggi in seno alle amministrazioni pubbliche, si garantisce il controllo assoluto del settore dei pubblici appalti, assicurando alle ditte direttamente o indirettamente collegate al sodalizio l’esecuzione, in condizioni non concorrenziali, di tranquillità, sotto il profilo del condizionamento mafioso, di favore, in relazione ai rapporti con l’ente appaltante, dei principali lavori nel settore dell’edilizia pubblica posti in essere dalla amministrazione comunale nella zona di influenza delle cosca”.
E ancora: “Si tratta di schemi noti e di passaggi usuali, ma che nonostante la loro monotona ripetitività non mancano mai di replicarsi e di trovare fertile humus nel realtà territoriali locali, tristemente afflitte, oltre alle ataviche privazioni economiche e culturali del sud, dal fenomeno trasversale ed occulto, che non conosce ‘colori’ o ‘posizioni’ ideali, della criminalità organizzata di stampo mafioso”. Nell’operazione è stato finito in manette, ai domiciliari, anche un maresciallo della Guardia costiera, Basilio Tedesco, accusato di corruzione perché avrebbe omesso di effettuare alcuni controlli su uno stabilimento balneare gestito dalla cosca.
Nonostante le numerose estorsioni contestate agli arrestati, “non ci sono state denunce – ha sottolineato il procuratore De Raho – Questa è l’ennesima occasione per richiamare l’attenzione degli imprenditori e invitarli a denunciare le vessazioni che subiscono in un territorio dove il pizzo è diventato da molti anni la regola”.