La notizia è di quelle che avrà fatto saltare sulle sedie i cattolici e non solo. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito brevettabile un ovulo umano non fecondato.
“Un organismo non in grado di svilupparsi in essere umano non costituisce un embrione umano ai sensi della direttiva sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche – sostiene la Corte. Pertanto le utilizzazioni di un organismo del genere a fini industriali o commerciali possono essere, in linea di principio, oggetto di brevetto”. E se dopo questa notizia qualcuno pensa a scenari biblici da letteratura distopica, è bene ricordare che questa decisione va letta, non interpretata.
È ciò che afferma Filomena Gallo, Docente all’Università di Teramo su “Legislazione ed etica nelle biotecnologie in campo umano” e Segretario dell’Associazione Luca Coscioni, raggiunta per un commento lucido sulla questione: “E’ importante leggere la sentenza, non interpretarla a favore di questa o quella posizione preconcetta. E’ scientificamente semplice: la Corte Ue ha autorizzato la brevettabilità di cellule uovo umane non fecondate e ciò che può derivare dalla loro attivazione. Devono essere ora gli scienziati a spiegare quali siano i vantaggi ‘da laboratorio’ di questa decisione e la portata industriale che può farci tornare competitivi con il Nuovo Continente. Ma sicuramente si può affermare che rappresenta un passo importante verso la cancellazione di tanti proibizionismi che in Europa bloccano la ricerca, come stabilito anche dal Rapporto Mondiale per la libertà di ricerca, cura e autodeterminazione nel mondo, elaborato dal Andrea Boggio, dirigente dell’Associazione Luca Coscioni. La decisione della Corte Ue – ha proseguito la Gallo – supera quella emessa nel 2011, Brustle vs Greenpeace, che negando la possibilità di brevettare a fini commerciali gli embrioni umani, includeva nella definizione stessa di embrione umano anche gli ovociti fecondati con partogenesi, quelli cioè soggetti dell’ultima decisione della Corte Ue.”
‘Il solo fatto che un ovulo umano attivato per partenogenesi inizi un processo di sviluppo non è sufficiente per considerarlo un embrione umano’, scrive infatti la Corte.
“Ora è necessario che tutti gli Stati membri adeguino le normative nazionali alla decisione europea – conclude Filomena Gallo – ciò creerebbe più competitività, più libertà di ricerca, più possibilità di trovare cure a molte malattie.”
Di fronte ad una notizia come questa, per un momento anche noi laici irriducibili possiamo essere sfiorati da un dubbio; quello sui confini della possibilità di manipolare il corpo umano e della sua inalienabilità. Confini spostati continuamente verso un futuro non facilmente prevedibile. Ma forse, questo è solo un pensiero umano. Troppo umano per essere preso in seria considerazione dalla scienza.