Non solo passivi di bilancio e ritardi nei pagamenti: il fair-play finanziario colpisca anche i grandi debiti delle società di calcio, perché la competizione sia davvero ad armi pari. L’ultima proposta arrivata sul tavolo della Uefa è una bomba ad orologeria che può far saltare gli equilibri del pallone europeo. Perché, dal Real Madrid al Barcellona, passando per il Manchester United, alcune delle principali big nascondono dietro a conti apparentemente in ordine enormi situazioni debitorie. E se il fair-play finanziario dovesse estendersi anche a quest’aspetto, le sanzioni andrebbero a colpire le formazioni più blasonate del continente.
L’idea è stata avanzata nelle ultime riunioni di Nyon da alcune squadre, fra cui Manchester City e Paris Saint-Germain. Gli sceicchi guidano la ‘rivolta’, dopo essere stati i primi (e per adesso anche gli unici) a pagare il conto del sistema di regolamentazione finanziaria varato da Michel Platini. Lo scorso maggio la Uefa aveva ufficializzato le prime sanzioni consistenti (dopo alcune squalifiche e piccole ammende a club di seconda fascia): per Psg e City multa da 60 milioni di euro, monte ingaggi bloccato e rosa ridotta a 21 giocatori. Nessuna esclusione dalle competizione internazionali (come pure i regolamenti avrebbero potuto prevedere), ma comunque un handicap importante per la stagione in corso nel confronto con le altre grandi d’Europa.
E proprio contro alcune di queste è rivolta l’offensiva degli emiri. Il ragionamento da loro esposto ai vertici della massima associazione calcistica continentale è abbastanza semplice: City e Psg avranno anche speso più di quanto guadagnato negli ultimi anni. Ma in giro per l’Europa ci sono tante società che si reggono in piedi grazie a enormi debiti che nessuno reclama. Se la Uefa vuole davvero andare fino in fondo con il fair-play finanziario, deve prendere in considerazione anche queste situazioni. Non è un mistero, infatti, che il calcio spagnolo in generale, e Barcellona e Real Madrid in particolare, siano sommersi dai debiti. I campioni d’Europa hanno un indebitamento di 602 milioni di euro, di cui 360 milioni a breve termine: alcuni (circa 75 milioni nei confronti delle banche), altri verso fornitori e pubblica amministrazione (il Fisco spagnolo reclama alla Liga oltre 500 milioni di pagamenti arretrati). Discorso simile per i blaugrana, la cui esposizione ammonta a circa 300 milioni (seppur in lenta riduzione). Entrambi, però, vantano fatturati record che superano le uscite, vengono considerati in regola dalla Uefa e possono permettersi di spendere senza freni sul mercato. In Inghilterra, invece, il primato spetta al Manchester United: 350 milioni di sterline di debito lordo, quasi 200 milioni di euro dilapidati nell’ultima campagna acquisti. “Noi, invece, abbiamo zero debiti, non dobbiamo un centesimo a nessuno, le nostre spese sono tutte finanziate dalla proprietà. Quale modello è veramente sostenibile?”, attacca il presidente del City al-Mubarak.
Per questo una fronda all’interno dell’associazione dei club chiede di cambiare e estendere le norme del fair-play finanziario. Per il momento la Uefa si mantiene prudente, difendendo il sistema attuale. Anche se il segretario generale Gianni Infantino ha dichiarato che “la questione del debito è certamente qualcosa che può essere messo sul tavolo di discussione”. Per il pallone europeo sarebbe una vera e propria rivoluzione, e forse anche per questo i vertici temono di spingere troppo sull’acceleratore. La riforma, invece, riguarderebbe meno da vicino il calcio italiano. Eccezion fatta per Juventus e Napoli (i cui conti sono più o meno in ordine, ma ancora lontanissimi per fatturato da quelli delle big), Inter e Roma sono nel mirino della Uefa, mentre il Milan dovrebbe chiudere il bilancio 2014 con un passivo da 70 milioni (e finirebbe senz’altro sotto inchiesta nel caso di ritorno in Europa). I problemi della società italiane sono e resteranno preoccupanti, con regole vecchie o nuove.