Nel 2016 il Ghetto di Venezia compirà cinquecento anni, un compleanno che la comunità ebraica vuole festeggiare con il restauro di quello che fu il primo ghetto israelitico del mondo. Gli otto milioni di euro necessari per la rimessa a nuovo del museo e di tre sinagoghe arriveranno dagli Stati Uniti, grazie alla raccolta fondi partita da una commissione creata ad hoc dalla Venetian Heritage, un’organizzazione no profit con sede a New York e a Venezia. Per non scontentare nessuno, la campagna è stata presentata al consolato italiano della Grande Mela, il direttore del progetto Toto Bergamo Rossi ha raccontato: “La maggior parte delle offerte arriverà dagli Stati Uniti, il governo federale americano prevede sgravi tributari fino al 100% nel caso di donazioni effettuate a favore del no profit. Inoltre, la grande finanza americana è ebrea e per raggiungere i dodici milioni di dollari in sei mesi servono contributi significativi”.
Oltre ai restauri e alla creazione di un itinerario artistico, il ghetto ha bisogno di interventi di impiantistica, gli ultimi risalgono agli anni ’50
Alla presidenza di Venetian Heritage Council il re dell’immobiliare di lusso Joseph J. Sitt e la stilista Diane von Furstenberg, moglie di Barry Diller, ex direttore generale di Paramount e Fox e considerato uno dei dieci uomini più ricchi d’America. A poche settimane dal lancio della raccolta fondi imprenditori, mecenati, architetti e designer hanno messo insieme un milione di euro. “I lavori dureranno almeno due anni” precisa Bergamo Rossi “oltre ai restauri e alla creazione di un itinerario artistico, il ghetto ha bisogno di interventi di impiantistica, gli ultimi risalgono agli anni ’50. Il Venetian Heritage Council fa parte del programma Unesco-Comitati Privati per la Salvaguardia di Venezia, e si occupa proprio di “incoraggiare” i rapporti tra Stati Uniti e la Serenissima per tutelarne il patrimonio artistico. Dapprima abbiamo ricevuto il nulla osta dell’Unesco, poi dal Ministero e i lavori partiranno sotto la guida della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Culturali”.
Alla presidenza di Venetian Heritage Council il re dell’immobiliare di lusso Joseph J. Sitt e la stilista Diane von Furstenberg, moglie di Barry Diller, ex direttore generale di Paramount e Fox e considerato uno dei dieci uomini più ricchi d’America
La comunità ebraica approdò in laguna dalla terraferma per fuggire dalle guerre rinascimentali che coinvolsero la Serenissima, lo Stato Papale e il Regno di Francia per la spartizione del Nord Italia. I primi ebrei arrivarono a inizio ‘500 e nel 1516 il Senato veneziano decide di confinarli in quello che fu il primo esempio di segregazione della comunità israelitica. Il ghetto sorse in un’isola in una zona periferica, a Canareggio, nel sito che fu delle antiche fonderie. Bisognerà aspettare Napoleone per mettere fine alla discriminazione, quasi quattrocento anni in cui sorsero cinque sinagoghe e vari istituti di interesse per la comunità come scuole o case di riposo. “La zona era stata scelta perché lontana da San Marco e Rialto, rispettivamente centro politico e finanziario della laguna” spiega Paolo Navarro Dina consigliere della Comunità ebraica veneziana che continua: “Poi l’assetto della città è profondamente cambiato negli anni ’30 del ‘900 con la costruzione del ponte della Libertà che collega Venezia alla terraferma. Grazie ai quattro chilometri di ponte è come se Venezia si fosse capovolta e il ghetto ha quindi assunto una posizione strategica”.
“La zona era stata scelta perché lontana da San Marco e Rialto, rispettivamente centro politico e finanziario della laguna”
Il resto è storia nota, gli ebrei che vivono ancora nel ghetto sono poche decine di famiglie, l’immobilità della laguna e delle sue fondamenta ha lasciato intatto il microcosmo operoso della comunità che si ingegnava dietro i cancelli sorvegliati dai cristiani perché “i giudei” non potevano uscire la notte. Nonostante i limiti dello spazio “recintato”, in ghetto sono sorti palazzi alti fino a nove piani, rarità per la laguna. Botteghe, studi e ristoranti kosher sono una testimonianza storica di questo popolo e di Venezia, una pagina che non deve essere dimenticata e che va restituita a quelli che verranno tra 500 anni.