Va avanti senza tregua la guerra politica delle lobby del tabacco contro le sigarette elettroniche. La prima grande battaglia era stata combattuta un anno fa nel corso della discussione della Legge di Stabilità in Commissione al Bilancio al Senato, quando l’emendamento (che imponeva una tassazione ridotta solo sui liquidi) proposto dal vicepresidente della Commissione Giancarlo Sangalli, ma firmato da tutto il gruppo Pd, mise in crisi la maggioranza di governo. Per poi essere cancellato con un tratto di penna dal maxiemendamento. La questione era relativa alla tassazione delle sigarette elettroniche, stabilita al 58,5% del prezzo (con un impatto reale però del 240% sul prezzo finale secondo i calcoli di uno studio della Luiss) col Decreto “Iva e Lavoro” dell’estate 2013. Una tassazione che ricade fino al 31 dicembre di quest’anno anche su batterie o atomizzatori e che era stata contestata anche dal Servizio Bilancio del Senato presupponendo che l’imposta di consumo a quei livelli avrebbe depresso la domanda, mettendo a rischio i 117 milioni di euro di entrate previste.
Come si stanno muovendo le truppe? A seguito dell’approvazione della Delega Fiscale il governo ha deciso di rivedere il tema delle accise sul tabacco, affrontando anche l’imposta di consumo sulle sigarette elettroniche, viste anche le indicazioni della giustizia amministrativa e il giudizio pendente di fronte alla Corte Costituzionale. La nuova normativa, riferita ai soli liquidi per sigarette elettroniche (escluso quindi l’hardware), prevede un’imposta commisurata a quella delle sigarette ma ridotta, in considerazione della loro minore nocività. È previsto un procedimento per determinare l’equivalenza con un chilogrammo convenzionale di sigarette e, da qui, determinare l’accisa, in misura ridotta del 50% dell’accisa gravante sull’equivalente quantitativo di sigarette, calcolata con riferimento al prezzo medio ponderato di un chilogrammo convenzionale.
A determinare l’equivalenza sarà l’Agenzia Dogane e Monopoli con un Decreto Direttoriale, con il quale fatte le adeguate verifiche e indicato il tasso di equivalenza renderà noto il livello d’imposizione. Al riguardo, la relazione tecnica allo Schema di Decreto legislativo parlava di 1 ml per quattro sigarette, con un risultato finale di 6,39 euro oltre all’Iva. Un impatto superiore al 100% del prezzo al pubblico attuale che secondo alcuni operatori del settore porrebbe fine ad un mercato che ha già perso oltre il 60% negli ultimi dodici mesi. Gli stessi operatori fanno poi notare che non esiste alcuno standard scientifico per la misurazione di una (presunta) equivalenza tra sigarette tradizionali ed elettroniche. Sarebbe come dire “adeguiamo la tassazione delle mele rispetto alle banane una volta calcolato quante mele tolgono la fame come una banana”. Che faranno quindi i Monopoli, privi ormai dei riferimenti politici che nel 2013 hanno dato via alla legge attuali e viste anche le recenti dimissioni (non ancora accettate) del consigliere Vieri Ceriani, sponsor della nuova norma?
Non solo. Al 17 dicembre il decreto legislativo non è ancora in Gazzetta Ufficiale e i giorni per adeguarsi rischiano di ricreare il caos del 2014 e un nuovo buco nelle casse dello Stato. A detta anche dei tecnici di settore, una normale tassazione flat sui liquidi sarebbe stata la via più semplice per risolvere la questione. Perché non è stato fatto? Da più parti la ragione viene indicata nella creazione della nuova categoria dei “tabacchi da inalazione senza combustione”, per i quali si prevede una tassazione – come per le sigarette elettroniche – pari al 50% dell’accisa in funzione della minore tossicità. Prodotto che però non era ancora presente in alcun Paese al mondo. Anche per le nuove sigarette “Heath no Burn”, lanciate in questi giorni a Milano da Philip Morris col brand Iqos e basate sul riscaldamento del tabacco, si parla poi di determinare l’equivalenza e lo si farà utilizzando il dispositivo indicato dal produttore. La misurazione viene fatta dai Monopoli utilizzando una macchina in uso anche a Philip Morris. E si dice che l’equivalenza sarà di 1:1. In pratica una ricarica, una sigaretta e un pacchetto da 20 sarà in vendita con uno “sconto” del 50 per cento. Così una volta inserita la minisigaretta (per la quale viene utilizzato un particolare tipo di tabacco che scalda senza bruciare) nello stick ricaricabile Iqos, una lama scalderà il tabacco. Peccato, però, che la iQos, se estratta dallo stick, è fumabile a tutti gli effetti. C’è dunque chi contesta la decisione di mettere in commercio il prodotto che contiene tabacco a tassazione ridotta per altro senza coinvolgere il ministero della Salute (il testo del decreto sarebbe stato modificato in corsa proprio per evitare questo). I maligni fanno anche notare che la sigaretta è composta da due parti, una realizzata all’estero, molto simile ad un normale accendino e un’altra prodotta in Italia. Per la precisione, nel nuovo stabilimento da 500 milioni di euro di Crespellano, in provincia di Bologna, che darà lavoro a 600 persone e che è stato inaugurato da Matteo Renzi a ottobre. E la guerra fra le lobby continua.