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Tennis: nel circuito Futures tornei poveri, sponsor in fuga e campi imbarazzanti

Dimenticate l’insalatiera della Davis e le firme sulle telecamere al termine del match. Scordate migliaia di telespettatori, tifosi che fanno le ore piccole in collegamento dall’altra parte del mondo e l’erba profumata di Wimbledon. Esiste un altro tennis. Va in scena a Bhimavaran come a Lome. Gli attori sono professionisti e capita a volte che qualcuno di loro, partecipando a tornei più importanti, chiuda l’incontro con lo scalpo di un big tra le mani. Ma la quotidianità dei circa 4000 tennisti che non rientrano nella Top100 ha un sapore diverso. E un altro conto in banca. La maggior parte gioca nel circuito Futures, il gradino più basso delle racchette ‘pro’. Lo gestisce la ITF, la federazione internazionale del tennis, che organizza anche i quattro Slam, la Coppa Davis e la Fed Cup. Dovrebbe essere il trampolino di lancio per i giovani. A detta di chi ci gioca è diventato un girone infernale nel quale è più facile affogare che emergere. Il punto è che dovrebbero essere garantiti degli standard minimi, perché di professionismo si tratta. “Ma forse l’equivoco è proprio qui. Lo siamo sulla carta, non di fatto. Per me professionismo vuol dire guadagnarsi da vivere grazie a uno sport. Nel nostro caso è molto, molto difficile”, racconta Giorgio Portaluri. È un tennista salentino di 24 anni, numero 995 al mondo. Nel 2014 i suoi incassi grazie ai Futures si aggirano attorno ai 3500 dollari.Cordoba, Argentina 2013

Montepremi uguali al ’98. Gli ‘indignati’ sulle barricate – Nella classe più bassa del tennis mondiale, i montepremi non superano i 15mila in campo maschile e i 100mila in quello femminile. La vittoria di un torneo da 10mila dollari ne frutta 1440, mentre chi viene eliminato al primo turno ne intasca 104. E se nel corso dell’anno solare i guadagni superano i 7500 euro, in Italia la tassazione del premio è al 24.12% più “eventuali aliquote regionali e provinciali”, come si legge all’articolo 15 del modello di regolamento dei tornei internazionali del circuito Men’s Futures 2014. Il prize money è fermo al 1998. Nello stesso arco temporale, il vincitore dell’Open Australia ha invece visto lievitare l’incasso da 407.376 dollari a 2,26 milioni dell’ultima edizione; il trionfo sulla terra rossa del Roland Garros paga oltre 2 milioni di dollari quando sedici stagioni fa sfiorava i 650mila. Così i tennisti hanno perso la pazienza e ora chiedono con forza che venga rivisto il montepremi. Ilfattoquotidiano.it ha provato a intervistare il presidente dell’Itf Francesco Ricci Bitti, ma la Federazione internazionale ha preferito affidarsi a una nota nella quale si sottolinea come la discussione sia “complicata perché un significativo incremento dei montepremi potrebbe abbassare il numero dei tornei, soprattutto fuori da Europa e Nord America, e questa non può essere la strada giusta per lo sviluppo del tennis”. Individua quindi le priorità “in una reale transizione dalle giovanili al circuito senior” e annuncia la volontà di “presentare un piano entro la fine di marzo 2015” per compensare l’enorme differenza tra i tornei maggiori e i Futures. Una risposta identica a quella fornita al gruppo Indignados del Tennis che ha raccolto l’adesione di circa mille tennisti e si sta facendo promotore della protesta, sposata anche da big come Stanilas Wawrinka.

Spese fisse, disagi e sponsor in fuga – Non è però solo una questione di premi. Quella che Portaluri racconta è una quotidianità difficile per gli standard offerti nel corso dei tornei. “Bisognerebbe incentivare chi va bene. Si potrebbe ad esempio fornire l’ospitalità a chi raggiunge i quarti di finale”. Chi organizza un Futures non è infatti tenuto a garantire vitto e alloggio ai partecipanti. “Quest’estate in Sardegna ci è capitato di pagare anche 80 euro in doppia per una notte all’interno del villaggio nel quale si giocava, con sole colazione e cena incluse”, racconta una tennista Top500 che preferisce l’anonimato. Portaluri conferma e sintetizza: “In pratica chi ha vinto il singolo ed è arrivato in finale nel doppio ci ha rimesso. Se venivi eliminato non era più garantito l’accesso alla struttura. Allenarsi voleva dire pagare 60 euro”. E’ andata peggio in Argentina qualche mese fa: “C’era un solo hotel in città con appena dodici stanze, insufficienti per tutti i partecipanti – spiega – Abbiamo alloggiato in una pensione per i parenti dei detenuti in un carcere che sorge a pochi chilometri dal centro abitato”. C’è chi abbandona e chi stringe i denti, sperando nell’annata buona che permetta di scalare posizioni e uscire dal pantano. Ma la crisi è un cappio al collo che stringe sempre più le fonti secondarie dei tennisti: “Anche colleghi che viaggiano attorno alla posizione 700 al mondo arrotondano con i campionati a squadre e i tornei open, che comunque pagano sempre meno. Gli sponsor sono ormai un lusso a causa della crisi. Le spese invece rimangono fisse. Per giocare venti tornei si spendono circa 15mila euro all’anno tra allenatore, viaggi, mangiare e dormire”.

Il problema dei campi, in Italia come altrove – Tutto è iniziato da una lunga lettera dell’argentino Tomas Buchhass, numero 1349 della classifica ATP. Una vera e propria denuncia resa pubblica dopo il torneo giocato a Temuco, in Cile: “Campi in condizioni pietose che costituiscono un azzardo per il nostro fisico. Nessun ristorante per mangiare. Si è persa una pallina e non ce n’erano altre – scrive Buchhass – Abbiamo pagato 40 dollari per partecipare alle qualificazioni. Le linee dei campi erano disegnate con il gesso. Questo accade nella maggior parte dei Futures. Non si gioca in condizioni adeguate: mancano le palle per allenarsi, non ci sono dottori e fisioterapisti.”. Non sono rari i cambi di superficie nel corso del torneo “ed è anche capitato, in Italia, che fossimo costretti a spostarci di cinquanta chilometri perché mezz’ora di pioggia aveva completamente allagato due campi”. Situazione ben al di sotto della normalità anche a Sharm el-Sheikh, come racconta la tennista: “A parte le palle pessime, ci è capitato di giocare su campi in gomma che cambiavano superficie a un metro dalla riga perché pitturati diversamente, quindi il rimbalzo era più veloce”. Conclude con una nota (stonata) rosa: “L’alloggio non era adeguato, soprattutto se paragonato agli uomini. Loro avevano il tutto incluso, noi abbiamo dovuto pagare 45 dollari, senza il pranzo. Gli arbitri? Pessimi. Aspettiamo una risposta ai questionari che l’Itf ci ha fatto compilare”. Marzo 2015, promette la federazione. La palla è nel loro campo.

Twitter: @AndreaTundo1