Dopo mesi di silenzio finalmente si torna a parlare di strumenti in grado di prevenire la corruzione. Fra questi vi è il whistleblowing, cioè la segnalazione nell’interesse pubblico di reati come ad esempio la corruzione.
Qualche giorno fa Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, ha chiesto di attuare le norme sul whistleblowing previste dal testo unico dei dipendenti pubblici per consentire a chi vuole denunciare illeciti di farlo in modo tutelato. “Non si tratta di fare denunce anonime, ma di fare denunce con tanto di firma, garantendo però l’anonimato. Un invito alla collaborazione, non alla delazione. Si tratta di un invito alla responsabilità”. Queste le sue parole.
Sono d’accordo sul fatto – spesso non percepito dall’opinione pubblica e da alcuni giornalisti – che vi sia una profonda differenza fra delazione e whistleblowing. Non solo perché l’interesse alla denuncia di reati è un interesse pubblico, ma anche perché la segnalazione attiva le autorità solo se le denunce sono circostanziate.
Credo tuttavia che garantire l’anonimato – come fa ad esempio il portale ALAC di Transparency – sia possibile fino a un certo punto dato che non è solo una questione informatica, spesso chi denuncia è una persona del gruppo o della società coinvolta e quindi in un modo o nell’altro si viene a sapere chi è stato a segnalare il reato. Il problema è un altro.
Manca l’effetto deterrente che permetterebbe al whistleblowing di funzionare in maniera estremamente efficace come negli Stati Uniti. Manca il premio.
Il premio agisce non solo in chiave remunerativa, ma soprattutto in chiave deterrente. Aumentando i rischi diminuisce la fiducia tra coloro che stanno agendo (o vorrebbero agire) in modo illegale. E si rompe più facilmente il cosiddetto patto corruttivo. Per non parlare dell’aumento delle entrate per lo Stato (qui qualche statistica di quanto hanno recuperato gli Stati Uniti grazie al whistleblowing).
Possiamo discutere se il premio debba corrispondere ad una percentuale della somma recuperata dallo Stato tramite la segnalazione – la proposta M5S a prima firma di Francesca Businarolo ipotizza una cifra compresa fra il 15% e il 30% – oppure a forti riduzioni di penacome suggerito dall’Associazione nazionale magistrati e da Pignatone (Procuratore capo di Roma). Sta di fatto che continuare a parlare soltanto di anonimato, distoglie dal vero problema. E la corruzione e l’evasione fiscale continuano a dilagare.
Voi che ne pensate?
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