Siete un branco di canaglie! Un mucchio di farabutti! Siete una vergogna. Ognuno di voi. Una vergogna e una minaccia. Una vergogna per questo club e una minaccia per i nostri tifosi. A cui rubate i soldi e distruggete i sogni. Un branco di ladri, un mucchio di assassini. Ecco cosa siete. Ladri e assassini. E dovreste andare in galera. Ognuno di voi, uno per uno. In galera. È quello il vostro posto. Perché oggi ho visto degli uomini piangere. Uomini adulti piangere oggi per colpa vostra. E non posso biasimarli, non li biasimo. Hanno speso dei soldi, soldi guadagnati duramente. Per vedere voi, per vedervi giocare in quel modo (…) E adesso uscite, fuori! Finché c’è ancora un po’ di gente. Gente che vi ha sostenuto. Gente che ha pagato i vostri ingaggi. Uscite là fuori, camminate in mezzo a loro adesso. E lasciate che vi dicano cosa pensano di voi. Alzatevi e andate là fuori adesso. E camminate in mezzo a quei tifosi. E ascoltate quei tifosi. Ascoltate le loro parole e ricordate le loro parole. E ricordatevi di loro.
Le storie di David Peace sono sempre estreme, basti pensare alla quadrilogia noir Red Riding Quartet (di cui mi sono già occupato in un precedente articolo) o ai libri tragici e catastrofici ambientati nella Tokyo del dopoguerra, ma nel romanzo-fiume Red or Dead (pubblicato in Italia da Il Saggiatore e tradotto da Pietro Formenton e Marco Pensante) a essere estremo non è solo lo stile narrativo, ma la caratterizzazione sentimentale del protagonista, la devozione di Bill Shankly per il gioco del calcio, per i tifosi del Liverpool, per la città che lo ospita, per la sua famiglia. Red or Dead è l’estremizzazione della purezza e dell’onestà di un uomo che ha reso grande non solo una squadra di calcio, ma anche la concezione dello sport e delle sue regole.
Nel 1959 il Liverpool Football Club era da anni nella seconda divisione del campionato inglese e non aveva mai vinto la Coppa d’Inghilterra. Quindici stagioni più tardi era tornato in prima divisione, aveva vinto tre campionati, due Coppe d’Inghilterra, la Coppa Uefa e si era imposto come una delle squadre più forti d’Europa. Artefice di questo successo, l’uomo destinato a diventare una figura leggendaria dello sport: Bill Shankly. Per Shankly il calcio era sempre stato una missione, uno scopo di vita, il mezzo per trasformare i giocatori e i tifosi, per ricambiare la loro fiducia. La sua unica ambizione, portare la sua squadra alla vittoria: in Inghilterra, in Europa, ovunque.
Nel 1974, il Liverpool Football Club e il suo allenatore sono pronti a raccogliere nuovi successi. Ma con una decisione sorprendente, Bill Shankly dà le dimissioni, una scelta che sconvolge giocatori e tifosi e che segnerà il resto della sua vita.
Partita dopo partita, allenamento dopo allenamento, David Peace canta l’ascesa del Liverpool Football Club e di Bill Shankly. Canta l’ossessione totalizzante di un uomo per il calcio, il suo desiderio di vittoria e il suo amore per la squadra e i suoi sostenitori. Giorno dopo giorno, notte dopo notte, David Peace canta il ritiro di Bill Shankly, i dubbi e i rimpianti di un uomo che vorrebbe ricominciare tutto da capo. Canta Shankly che si aggira per Liverpool come un re decaduto, riverito dai tifosi, ma osteggiato dallo stesso club che ha portato al trionfo.
Dopo Il maledetto United, David Peace torna al mondo del calcio e sbalordisce ancora una volta il lettore con la sua scrittura incisiva, in grado di trasformare le vicende individuali in narrazioni epiche e universali. Red or Dead non è solo il romanzo di un uomo, di una squadra e della loro città: è il racconto duro e commosso dell’epoca d’oro del calcio inglese e del suo inevitabile declino. La conferma di uno dei massimi autori contemporanei.
Io credo che David Peace lo si ami o lo si odi. Il suo stile narrativo estremo ti può entrare dentro come un mantra e non lasciarti più, e in questo caso è capace di portarti alle lacrime per le emozioni che riesce a suscitare, oppure lo si abbandona dopo poche pagine, stanchi del suo tocco ripetitivo. Io faccio parte della prima categoria: la modalità “sfinente”, quasi stesse narrando qualche testo sacro in chiave postmoderna, mi piace molto, e credo che Red or Dead sia un ottimo romanzo per avvicinarsi a questo originale autore e per appassionarsi a una figura (Bill Shankly) non molto conosciuta nell’Italia di oggi.