Politica

Finanziamento pubblico ai partiti, la legge lo taglia. Ma i politici lo vogliono

Il governo Letta ha ridotto progressivamente i fondi (fino ad arrivare a zero nel 2017), i parlamentari però si dicono preoccupati. E potrebbe spuntare un emendamento per tentare di reintrodurre il vecchio sistema

Da destra a sinistra i partiti vogliono tornare a bussare alle casse dello Stato. Troppo drastico il taglio progressivo dei finanziamenti pubblici che ha avuto il via libera da poco meno di un anno. Un provvedimento, approvato lo scorso 20 febbraio, che al momento ha avuto come estrema conseguenza quella di sconvolgere le segreterie dei partiti, di mettere alla porta i dipendenti di Forza Italia e Lega. Senza dimenticare anche la partecipazione di Salvatore Buzzi, re delle coop rosse indagato nell’ambito dell’inchiesta di Mafia Capitale, che aveva partecipato all’iniziativa di fundraising del Partito democratico di Matteo Renzi. A ciò si aggiunge il flop clamoroso del fallimento della raccolta del due per mille nel 2013: 200 mila euro per il Pd, e circa 20mila euro per Forza Italia.

Cifre che portano alcuni esponenti politici, come l’attuale tesoriera di Forza Italia Maria Rosaria Rossi, a suggerire la reintroduzione di una qualche forma di finanziamento. Ma come? La legge non è entrata a pieno regime – lo sarà dal 2017 – e già il Parlamento pensa a come aggirarla? Ovvio. Il fronte bipartisan non teme la sommossa popolare. Semmai studia la prossima mossa. Qualche giorno fa la Rossi spiegava alla Stampa: “Lancio un appello al Presidente Berlusconi affinché Forza Italia, senza nascondersi dietro sterili demagogie, si faccia promotrice di un confronto serio con le altre forze politiche in modo da arrivare a iniziative legislative condivise per la reintroduzione di una qualche forma di finanziamento pubblico”.

L’appello viene immediatamente raccolto dall’emiciclo di Montecitorio e Palazzo Madama. E nei backstage del Palazzo si inizia a pensare a una soluzione che possa limitare il danno emerso in queste settimane. Due ex tesorieri, come Ignazio Abrignani (Forza Italia) e Ugo Sposetti (Pd), alzano il tiro ed evocano un emendamento ad hoc in uno dei prossimi provvedimenti. Non è dato sapere quale.

Intanto, in Transatlantico, alla sola dichiarazione di una possibile reintroduzione dei finanziamenti dello Stato ai partiti, le voci si moltiplicano. Maurizio Bianconi, ex tesoriere del Pdl, oggi in aperto dissenso con i vertici di Piazza San Lorenzo in Lucina, fu tra i primi a sollevare la questione prefigurando l’attuale scenario: “Quando lo dicevo e lo ripetevo, ero solo. Adesso se ne sono accorti tutti. In Italia è così, si va avanti per mode. Ad ogni modo l’esperienza ci insegna che i partiti non dovrebbero ricevere soldi dai privati. L’attuale sistema di finanziamento ha un solo obiettivo: quello di far morire i partiti. Ma lo vedete che Salvini per prendere consensi deve scrivere sul cartello ‘Noi per Salvini’? ”.

Dello stesso avviso è anche il bersaniano Alfredo D’Attorre (Pd): “Penso che la legge sia stata un errore di Letta e Renzi. In tutte le democrazie europee c’è una forma di finanziamento pubblico ai partiti. Semmai il problema era quello di introdurre controlli più stringenti e severi, non di arrivare all’abolizione totale. Anche il M5s dovrebbe rendersi conto che per contrastare la corruzione e limitare il condizionamento dei Buzzi di turno – o anche il potere di quelli che possono spendere mille euro per una cena – un finanziamento trasparente e regolato è molto meglio di uno scimmiottamento del sistema americano, in una situazione in cui non abbiamo una chiara legge contro le lobby”.

Il montiano Andrea Vecchio si aggiunge al coro: “Io credo che si debba reintrodurre una forma di finanziamento in modo da liberare la politica dal ricatto. Ma il finanziamento pubblico dovrà essere controllato dall’opinione pubblica. E controllato da una serie seria diattività di controllo”. Giochi di parole a parte, il deputato Vecchio ritiene che non si debba lasciare “la gestione dei fondi al solito tesoriere di partito che fa gli affari propri e anche di qualche parlamentare a lui vicino gestendo i fondi in maniera nepotistica”.

Insomma, la tentazione c’è. Eccome. E arriva a toccare le corde persino della presidente della Camera Laura Boldrini. Anche se il fronte bipartisan, che vuole ridare i soldi ai partitie non intende arrendersi, dovrà vedersela con il premier Matteo Renzi. Che non si stanca di ripetere: “Questo governo ha abolito il finanziamento pubblico”. Un risultato di cui difficilmente si priverà. “Il finanziamento pubblico può essere giusto. Ma prima che si torni al vecchio sistema di finanziamento pubblico – spiega il renziano Walter Verini ailfattoquotidiano.it – i partiti dovranno ritrovare credibilità nell’opinione pubblica. Quando avranno recuperato piena credibilità saranno gli stessi cittadini che diranno: è giusto ridarvi il finanziamento pubblico”. Una partita che, quindi, sembra ancora aperta.

Twitter @GiuseppeFalci