Ospito volentieri sul mio blog le riflessioni di Lorenzo Gasparrini che ringrazio.
Battiato, Benigni, Bizzarri. Un insulto, una metafora, una sineddoche: tre sessismi diversi, ma egualmente odiosi e ingiusti. E che, detti da persone del mondo dello spettacolo, le cui parole hanno grande risonanza, fanno molto danno a tutti e tutte.
Battiato: “Ci sono troie in parlamento”, la storia è ormai famosa. Come è ormai altrettanto famoso il banale argomento, usato da Battiato come da milioni di uomini che abitualmente usano insultare così persone di tutti i generi, che “ho solo parlato di un malcostume politico, non parlavo certo di donne. Io non sono mai stato sessista e chi mi conosce lo sa bene”.
Rimane il fatto, incontrovertibile e inattaccabile da qualsiasi buona intenzione, che per insultare si è scelto un termine che non ha corrispettivo al maschile. Non ce l’ha perché nella storia patriarcale e maschilista della nostra società, solo la condotta sessualmente libera delle donne – anche nel senso della prostituzione mirata a ottenere benefici – è oggetto di insulto. Quella maschile no, infatti per quest’ultima non c’è la parola. Non si insulta un uomo di potere perché, di fronte a una donna che glielo vuole estorcere tramite il sesso, cede o concede una parte di quel potere. E’ questo, per l’appunto, il sessismo della parola “troia”, usato nel senso di Battiato: la colpevole è sempre lei, perché quel comportamento è definito come femminile; anche se si vuole intendere i parlamentari maschi, li si definisce “schifose donne”.
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Né Battiato né nessun altro può cambiare la storia dei rapporti tra uomini e donne depositata nel nostro linguaggio. Stupisce che un maestro delle parole come lui, sedicente “mai stato sessista”, non si renda conto di questa banale inattaccabile realtà, che con le sue stesse parole ha ratificato ancora una volta.
Benigni: se si spiega la costola di Adamo con la parità dello stare al fianco, allora quel fianco non deve voler dire protezione. Perché se dici che qualcuno nasce da te per essere protetto, stai instaurando una gerarchia, nella quale tu sei grande e forte e proteggi il piccolo e debole, che sarebbe nato da te. E se questa storiella la usi per spiegare il rapporto tra uomini e donne, è sessismo – cosa confermata da una rapida e facile verifica dell’originale. Sessismo neanche tanto nascosto: che parità è quella tra uno che genera un altro da proteggere? Al massimo è una concessione: è paternalismo.
Il quale paternalismo, non a caso, viene da un testo sacro nel quale i protagonisti sono tutti uomini, tranne una donna che partorisce vergine un figlio non del suo compagno. La realtà è che, per quante storie ci vogliamo inventare, tutti e tutte nasciamo dal corpo di una donna. Sarebbe il caso di ricordarsene anche quando si va in tv a fare divulgazione – o a pretendere di farla.
Bizzarri: “Addio a una figa spettacolare”. Strano che un uomo non capisca che essere denotati dai propri genitali non fa piacere. Eppure “coglione” e “testa di cazzo” raramente sono accettati come complimenti. Però a una donna essere chiamata come una sola parte del proprio corpo, quella destinata al sesso e alla riproduzione, dovrebbe suonare come un apprezzamento. Si chiama sessismo anche questo, e anche in questo caso non contano le intenzioni, e anche in questo caso non è difficile capire perché. Io posso decidere che in una bastonata ci metto tanto amore, ma quello che la riceve non sente l’amore, sente la bastonata; anche se nel mentre gli dico “io ti amo!”. Chissà che avrebbe pensato Virna Lisi, mito della storia del cinema mondiale, del fatto che un uomo di spettacolo per ora un pochino meno rilevante di lei la chiamasse tramite il suo organo sessuale, e pretendendo di farle così cosa gradita.
Battiato, Benigni, Bizzarri. E’ evidente che loro, gli autori, anzi i pronunciatori di quelle parole, non sanno niente di sessismo, non si ritengono sessisti; ed è normale. Sono tre “normali” uomini, cresciuti – pur in periodi e contesti diversi – in una “normale” società sessista e maschilista, come quella in cui viviamo. Non è colpa loro se usano abitualmente un linguaggio che rispecchia lo squilibrio di potere vigente tra i generi, squilibrio mantenuto efficace anche dal linguaggio quotidiano.
Nati in un mondo che educa da piccoli alla discriminazione sessista, cresciuti in un mondo di “cose da uomini” e “cose da donne”, adulti bombardati da media ipocriti e devoti, per marketing, al potere vigente – e come pretendere che sia facile per gli uomini capire cos’è il sessismo? Non ne hanno colpa.
Un po’ meno normale è che non lo vogliano capire, quando glielo si fa notare. Preferiscono non informarsi, per poi doversi assumere una responsabilità; questo comportamento, senza dubbio, è tutta colpa loro.
A prezzo di fior di morti ammazzati per secoli, il razzismo lo si è capito, per esempio, e l’antisemitismo pure, e la discriminazione verso i disabili anche; a fatica, ma dopo innumerevoli battaglie civili si è data una bella ripulita pure al linguaggio. Però quella sessista pare proprio una discriminazione più scomoda da capire; perché se gli studi, le ricerche e le statistiche che la confermano ci sono da pochi decenni, invece di morte ammazzate perché donne ce ne sono moltissime, e anche da parecchi secoli. Però ancora ci si difende dicendo “io no”, o “i problemi sono altri”, oppure sostenendo che chi ti fa notare il sessismo è un/una moralista, un/una bacchettone/a, o – peggio ancora! – un/una femminista.
Battiato, Benigni, Bizzarri – e tanti altri: guardate che a furia di insultare la propria intelligenza, va a finire che quella s’offende e se ne va. E con tutte le ragioni.