“Curatevi dalle vostre malattie per non diventare degli omicidi come Satana”. Durissimo esame di coscienza di Papa Francesco ai cardinali e ai vescovi della Curia romana in occasione dei tradizionali auguri di Natale. Bergoglio (per la prima volta è stato lui ad andare verso ciascun porporato per salutarlo personalmente) ha fatto un vero e proprio “catalogo delle malattie curiali” senza alcuna reticenza. Quindici le patologie individuate da Francesco: “Sentirsi immortali; l’eccessiva operosità; il cuore di pietra; l’eccessiva pianificazione e il funzionalismo; il mal coordinamento; l’alzheimer spirituale; la vanità e la vanagloria; la schizofrenia esistenziale; le chiacchiere, le mormorazioni e i pettegolezzi; il divinizzare i capi; l’indifferenza; la faccia funerea; l’accumulare beni materiali; il vivere in circoli chiusi”.
Ma il Papa non ha risparmiato neanche una severa critica per i cardinali, come Tarcisio Bertone, che sono andati in pensione: “Il tempo del riposo per chi ha terminato la propria missione è necessario. C’è un tempo per ogni cosa”. Con un riferimento anche ai traslochi. “Ricordo quando un giovane gesuita, mentre caricava su di un camion i suoi tanti averi, si sentì dire da un vecchio confratello che lo stava a osservare: ‘Questa sarebbe la cavalleria leggera della Chiesa?’”. Bergoglio non ha nascosto i “peccati” della Curia invitando cardinali e vescovi a prendere esempio dalla “povertà della grotta di Betlemme”. Un appello all’unità nonostante le “diversità delle membra e degli uffici” della Santa Sede perché, ha ricordato il Papa, “uno è lo spirito”. Ma Francesco ha invitato anche tutti i presenti a “chiedere perdono per le mancanze commesse in pensieri, parole, opere e omissioni” durante il 2014 nel servizio alla Chiesa. Senza dimenticare che la Curia “non può vivere senza nutrirsi e senza curarsi, senza avere un rapporto vitale con Cristo”.
Nel lungo e impietoso catalogo delle malattie curiali Francesco ha puntato il dito verso coloro che si sentono “immortali, immuni, e non fanno autocritica”. Uomini che si trasformano in “padroni e si sentono superiori a tutti”. Una sindrome che “deriva spesso dalla patologia del potere, dal narcisismo che guarda la propria immagine e non vede il volto di Dio impresso sui più deboli”. Per il Papa “l’antidoto a questa epidemia è la grazia di sentirci peccatori, di dire siamo servi inutili”. C’è poi la malattia “dell’eccessiva operosità di coloro che si immergono nel lavoro”. Segue “l’impetrimento mentale e spirituale, l’avere il cuore di pietra”. È la malattia di “coloro che strada facendo perdono serenità interiore e si nascondono sotto le carte diventando macchine di pratiche e non uomini di Dio”.
Altra patologia della Curia individuata dal Papa è “l’eccessiva pianificazione e il funzionalismo”, quando si “programma tutto minuziosamente e si crede che così le cose progrediscano, diventando un contabile e un commercialista”. Segue il “mal coordinamento, quando i membri di un’orchestra producono chiasso e non musica perché le diverse membra non collaborano ma ognuno vuole comandare”. Per Francesco bisogna curare anche “l’alzheimer spirituale, la dimenticanza della storia della salvezza, della storia personale con il Signore. Si tratta di un declino progressivo delle facoltà spirituali che vediamo in coloro che dipendono dalle loro passioni, dai loro capricci e dalle loro manie, che costruiscono intorno a sé dei muri e delle abitudini diventando sempre di più schiavi degli idoli che hanno scolpiti con le loro stesse mani”.
Ci sono poi “la vanità e la vanagloria, l’apparenza, l’avere come vero primo obiettivo i colori delle vesti e le insegne delle onorificenze”. Una malattia che per Bergoglio “ci porta a essere uomini e donne falsi e a vivere un falso misticismo e un falso pietismo”. Segue la “schizofrenia esistenziale, una doppia vita frutto dell’ipocrisia del mediocre e del progressivo vuoto spirituale che lauree o titoli accademici non possono colmare”. Ma c’è anche il “terrorismo delle chiacchiere insieme alle mormorazioni e ai pettegolezzi, che si impadroniscono delle persone facendole diventare seminatrici di zizzania e veri e propri omicidi come Satana. In molti casi delle persone vigliacche, che non avendo il coraggio di parlare direttamente, parlano dietro le spalle”. Altra malattia curiale individuata dal Papa è il “divinizzare i capi. Coloro che corteggiano i superiori sperando di ottenere la loro benevolenza. Carrieristi e opportunisti ispirati solo dal proprio fatale egoismo”. Ma per Bergoglio questa malattia potrebbe anche colpire i superiori quando corteggiano i loro collaboratori per averne lealtà e dipendenza. Ma il risultato finale – avverte Francesco – è una vera complicità”.
Bergoglio, dopo il recente crac che ha colpito i frati minori, ha puntato anche il dito contro chi, per “riempire un vuoto esistenziale”, accumula beni materiali “non per necessità ma solo per sentirsi sicuro. Il sudario – ha ribadito il Papa – non ha tasche e tutti i tesori terreni non riempiranno quel vuoto”. Ultimo monito contro chi vive “del profitto mondano, dell’esibizionismo, quando l’apostolo trasforma il suo servizio in potere per ottenere profitti mondani o più potere. Persone che cercano insaziabilmente di moltiplicare poteri e per questo capaci di screditare e diffamare gli altri, persino sui giornali e sulle riviste, per mostrarsi più capaci degli altri.
Il Papa ha concluso il suo lungo esame di coscienza ricordando di aver letto che “i sacerdoti sono come gli aerei che fanno notizia solo quando cadono”. Ma, ha precisato Bergoglio, “ce ne sono tanti che volano. Quanto male potrebbe causare un solo sacerdote che cade a tutto il corpo della Chiesa. Dunque per non cadere in questi giorni chiediamo alla Vergine di sanare le ferite del peccato che ognuno di noi porta e sostenere la Chiesa e la Curia affinché siano sane e risanatrici”. Subito dopo l’incontro con i cardinali e i vescovi, Francesco ha voluto rivolgere, per la prima volta nel suo pontificato, gli auguri natalizi anche a tutti i dipendenti vaticani. Bergoglio ha ringraziamento particolarmente gli italiani, che sono in grande maggioranza nella Città leonina, e “che hanno sempre operato con animo generoso e fedele mettendo al servizio della Santa Sede la loro laboriosità, offrendo alla Chiesa gradi santi che nessuna ombra passeggera della storia potrà offuscare”. E proprio ai dipendenti il Papa ha chiesto perdono per gli “scandali” che ancora ci sono in Vaticano.