Addio rivendicazioni, gli uomini che si occupano delle faccende domestiche sono meno attraenti agli occhi delle donne. Almeno questo è quello che sostiene una ricerca del Juan March Institute di Madrid, pubblicata sulla rivista American Sociological Review, che per 20 anni ha studiato le dinamiche quotidiane di 4.561 coppie statunitensi. E il risultato sembra confermare un antico stereotipo di genere: gli uomini che si danno da fare di meno in casa fanno più sesso.
Prima di essere sottoposti alla ricerca i coniugi hanno ammesso di avere in media cinque rapporti sessuali al mese. E lo studio ha dimostrato che nelle coppie in cui era soltanto la donna a occuparsi delle faccende domestiche, si consumavano in media 1,6 incontri in più. All’apparenza una vittoria per il sesso maschile; stando all’analisi dei ricercatori, infatti, trionfa lo stereotipo dell’uomo che si fa servire a tavola. Bisogna però fare attenzione a non confondere il sesso con la soddisfazione matrimoniale. Gli studiosi, infatti, hanno rilevato che “quando gli uomini si occupano delle faccende domestiche, il grado di felicità delle mogli tende a salire”. Inoltre un’equa divisione dei compiti è un ottimo antidoto contro il divorzio: chi si aiuta di più, si separa di meno. Va comunque sottolineato che l’80% delle faccende domestiche viene ancora portato avanti dal genere femminile, mentre i mariti tendono perlopiù ad occuparsi di attività considerate più “virili”, come falciare il prato e pagare le bollette. Impieghi che, stando allo studio, alimenterebbero il desiderio sessuale delle mogli.
Ma il desiderio sessuale delle donne si lascia realmente influenzare da stracci e padelle? I dati spesso ingannano: lo studio, infatti, è partito nel 1992 ed è stato fatto su un campione di coppie non più giovanissime: l’età media degli uomini era al tempo di 46 anni, mentre per le donne 44. Questo significa che a oggi questi signori sono ultrasessantenni. A porre l’accento su quest’aspetto è stata Constance Gager, sociologa dell’Università del New Jersey, secondo cui l’esito della ricerca non è applicabile alle coppie più giovani, cresciute in tempi in cui gli stereotipi di genere sono stati – in parte – superati. Questo significa che i trentenni di oggi sono più disposti a dividersi in maniera proporzionata i compiti domestici, a prescindere che si tratti di lavare i panni o di fare una commissione. Gli studi dimostrano che i maschi hanno sicuramente aumentato il tempo che passano in cucina o in lavanderia, ma coltivano ancora un pessimo rapporto con le pulizie casalinghe. In realtà per raggiungere una piena parità tra uomini e donne bisogna ancora darsi da fare e prendere esempio dai paesi scandinavi.
E in Italia come siamo messi? L’indagine Istat del 2012 riporta una situazione totalmente sbilanciata. Anche se le donne hanno guadagnato negli anni prestigio e indipendenza economica, gran parte dei lavori familiari pesa ancora sulle loro spalle. La quota di tempo femminile impiegata in queste attività è in oltre il 90% dei casi maggiore di quella maschile; inoltre, in un quarto delle coppie, l’uomo non svolge alcun compito familiare. L’unica variabile che incide realmente su queste pratiche è l’istruzione: se una donna ha studiato quanto il compagno, allora il suo ruolo nei lavori domestici diventa meno centrale.
Sempre l’indagine Istat ha rilevato che l’impegno dei mariti italiani non supera mai le venti ore a settimana. Il cambio di rotta arriva soltanto con l’avanzare dell’età, quando gli uomini sono già pensionati o sono rimasti soli. Anche in questo caso si registra una notevole differenza rispetto agli Stati Uniti, dove il massimo del coinvolgimento maschile coincide con gli anni dell’infanzia dei figli. Ma l’apporto degli uomini è sempre delimitato ad alcune fasi della vita: forse è arrivato il tempo di stendere la biancheria e stirare i panni, anche correndo il rischio di perdere un po’ di virilità.