Siccome è sommamente inopportuno fare nomi per evitare di bruciarli, la rosa degli aspiranti al Quirinale citati nell’ultima settimana è estremamente succinta: appena 25 candidati.
Amato Giuliano. È il prediletto di Napolitano e B. (infatti ha due pensioni). Potrebbero essergli fatali l’inesperienza politica (ha avuto solo 76 incarichi) e la tenera età (appena 76 anni).
Cassese Sabino. Leggermente più maturo (79 anni), piace molto a Re Giorgio e soprattutto all’infanto Giulio. L’altra sera sparava cassate da Floris. Ieri ha scritto sul Corriere che il nuovo presidente “tornerà al modello einaudiano”. Tradotto: se eleggete me. non rompo i coglioni, dove mi mettete sto. S’offre parecchio.
Draghi Mario. È riuscito nella mission impossible di fare il banchiere senza finire imputato, e per giunta non piace alla Merkel: il che, in Italia, è un doppio handicap. Inoltre, se eletto presidente, farebbe il presidente: ergo non garba a Renzi, che per il Colle sta cercando un portachiavi.
Visco Ignazio. Come sopra, con un’aggravante: denuncia troppo spesso la corruzione. Non si parla di corda in casa degl’impiccati.
Prodi Romano. Piace ai nemici del Nazareno: minoranza Pd, fittiani Fi e Sel potrebbero votarlo contro Renzi & B., bruciandolo. Ma Renzi potrebbe anticiparli e candidarlo contro di loro, bruciandolo. Lui sta pensando di anticipare tutti e darsi fuoco.
Padoan Pier Carlo. Essendo ministro dell’Economia, vuol fare il ministro dell’Economia: perciò Renzi lo manderebbe volentieri al Quirinale, se lì non volesse fare il presidente della Repubblica.
Fassino Piero. Renziano di scuola gregantiana, dunque non sgradito ai Pd antirenziani, nel 2006 si prostituì con un articolo fantozziano sul Foglio chiedendo a B. i voti per eleggere D’Alema. Così fu eletto Napolitano, che per questo lo adora.
Chiamparino Sergio. Candidato anfibio: renziano non ostile agli anti-Renzi, Pd gradito a Fi, politico ma pure banchiere, curriculum pieno di poltrone ma anche di buchi (di bilancio: ieri al Comune di Torino, ora in Regione Piemonte). Ce la può fare.
Veltroni Walter. Sponsor di Odevaine ma anche di Renzi, nostalgico di Craxi ma anche di Berlinguer, avversario di B. ma anche dei demonizzatori di B., è Nazareno dentro. Quasi perfetto.
Muti Riccardo. Era la prima scelta di Renzi. Poi il Fatto l’ha scritto e il premier l’ha smentito: quindi era vero. Non ha alcuna esperienza, ergo va benissimo. Molto favorito pure dal cognome.
Finocchiaro Anna. Stoppata nel 2013 da Renzi per via della foto all’Ikea con la scorta, gli diede del “miserabile”. Ora però si dà un gran daffare per la riforma-boiata del Senato. E poi è donna. E poi Matteo, oggi, è più di bocca buona.
Severino Paola. Avvocato di tutti i grandi gruppi italiani, piace a B., Letta zio, Curia e Caltagirone: quindi in un paese serio sarebbe out anche per l’Arcicaccia. Qui invece è in pole position.
Franceschini Dario. Da quando qualcuno ha invocato l’alternanza laici-cattolici, si cerca disperatamente un cattolico. Al punto che s’è pensato persino a lui. Ma solo per questo motivo.
Mattarella Sergio. Vedi sopra.
Casini Pier Ferdinando. Vedi sopra.
Gentiloni Paolo. Vedi sopra.
Rutelli Francesco. Vedi sopra.
Grasso Piero. Già nel 2013, appena eletto presidente del Senato, si disse disponibile a un più alto incarico (l’unico esistente). Ma nessuno se lo filò. Vedi mai che quest’anno vada di moda il nulla mischiato col niente.
Boldrini Laura. È l’altra soluzione istituzionale in caso di impasse. Lei insiste molto per una donna al Colle. Può contare già sul suo voto, sempreché non sbagli a compilare la scheda.
Bonino Emma. Candidata al Quirinale dal 1976, è stata con B. e con l’Ulivo. Né cattolica né comunista, pacifista ma pro guerre, non è più in Parlamento: non può contare neppure sul suo voto.
Pinotti Roberta. È l’unica Renzi-girl sopra i 50 anni, il che la rende sospetta agli occhi di B. Peccato per il vizietto di usare i voli militari come taxi per tornare presto a casa. Ma chi ci dice che in Italia sia un handicap?
Baresi Franco. Già capitano del Milan e della Nazionale, è il candidato di Matteo Salvini. Quindi ha qualche chance più di Massimo D’Alema.
Caprotti Bernardo e Feltri Vittorio. Il patron di Esselunga (classe 1925) e l’ex direttore del Giornale e di Libero sono i candidati di Roberto Calderoli. Chi ha voglia di ridere, pensi al Porcellum.
Napolitano Giorgio. Nessuno ne parla, ma una nuova, eventuale paralisi di veti incrociati potrebbe indurre i partiti a chiedergli un altro estremo sacrificio. Del resto, come titola l’Huffington Post, “Gli italiani vogliono ancora Napolitano”. Se lo meritano proprio.
Carminati Massimo. Non l’ha (ancora) candidato nessuno. Ci permettiamo di farlo noi, sperando di non bruciarlo. Uomo del fare, decisionista, sufficientemente esperto di giustizia e anche di economia, è forse un po’ troppo a destra, però non disdegna il dialogo a sinistra (è persino socio della coop rossa 29 Giugno). Potrebbe rivelarsi prezioso presso i grandi elettori per sbloccare l’impasse con uno dei suoi celebri intercalari: “Ti fratturo la faccia”.