La Ferriera di Trieste, impianto siderurgico noto alle cronache per le emissioni inquinanti e l’alta incidenza di tumori registrati fra la popolazione della città sembra aver superato – con l’acquisto da parte del gruppo Arvedi – la fase di crisi industriale complessa. Ma a quale prezzo? Se a Roma il premier Matteo Renzi esulta in seguito alla firma dell’Accordo di Programma per il passaggio di proprietà, per il M5s l’accordo non rispetta la legge a causa della presenza – nella nuova amministrazione – di un indagato per smaltimento illecito di rifiuti. E gli ambientalisti rincarano la dose: “Nell’accordo non si parla di bonifiche, né si prendono in considerazione le sostanze inquinanti emesse nell’aria”, denunciano, puntando il dito contro Stato e Regione. La Procura triestina ha aperto un nuovo fascicolo sui “recenti episodi di inquinamento”.
L’aria di festa che si è respirata a Roma durante la firma dell’Accordo di programma, lontano dalle ciminiere della Ferriera, non è durata a lungo. Il presidente del Consiglio ci ha voluto mettere la faccia, vedendo nella risoluzione della crisi un esempio della sua politica del fare: “Oggi accordo con Regione FVG e Arvedi per la Ferriera di Trieste. Salvati 410 posti di lavoro diretti + oltre 1000 in indotto #bastainsulti”, aveva twittato.
L’entusiasmo per la stipula dell’accordo, sottoscritto lo scorso 21 novembre dalla Presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, dai ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico, oltre che dall’Autorità Portuale di Trieste e dall’acquirente, non ha però contagiato tutti: “Abbiamo segnalato alla Procura della Repubblica alcune incongruenze”, ha dichiarato Andrea Ussai, consigliere regionale del M5S. Nel mirino c’è Francesco Rosato, già direttore dello stabilimento siderurgico sotto la precedente gestione Lucchini, oggi amministratore di Siderurgica Triestina, la società interamente controllata dal gruppo Arvedi, che ha acquisito l’impianto industriale. Rosato nel 2013 è stato rinviato a giudizio, presso il tribunale di Grosseto, per smaltimento illecito di rifiuti, un’attività legata – secondo l’accusa – alla sua precedente direzione della Ferriera. Un problema. Per la normativa in materia, infatti, “i soggetti interessati […] non devono essere responsabili della contaminazione del sito oggetto degli interventi di messa in sicurezza e bonifica”, recita infatti l’art. 252-bis, comma 4, della L. 9/2014. La normativa prevede delle eccezioni, è vero, ma unicamente nel caso in cui sussistano ulteriori, precise condizioni. Tra le altre, un piano finanziario che garantisca la sostenibilità economica degli interventi “in misura non inferiore a dieci anni”. Quello presentato da Siderurgica Triestina e allegato all’Accordo, invece, riguarda il solo triennio 2014-2016. Le conseguenze non sono da poco: “Nell’Accordo è stato espressamente dichiarato, a firma dell’amministratore Mario Caldonazzo, che sussistono i requisiti richiesti dall’articolo 252-bis: si tratterebbe di un falso, il che renderebbe di fatto nullo l’Accordo sottoscritto”, ha dichiarato al fattoquotidiano.it il legale del M5s Gabriele Paoletti.
All’azione dei pentastellati si aggiunge la critica degli ambientalisti locali. L’associazione NoSmog, per bocca della sua presidente Alda Sancin, punta il dito sullo stato attuale dell’impianto: “La situazione dopo l’arrivo di Arvedi non è migliorata affatto, i primi giorni dalla messa in moto dell’altoforno c’è stato un delirio, delle nuvole sulfuree simili a nebbia hanno ricoperto Servola, il quartiere a ridosso della Ferriera”. L’aspettativa, va detto, non era delle migliori: “Nell’intero Accordo di programma la parola ‘bonifiche’ è completamente scomparsa. Si parla solo di ‘messa in sicurezza’ degli impianti: una differenza sostanziale”. Nessun cenno anche alle emissioni inquinamenti disperse nell’aria, l’aspetto più preoccupante per chi vive in quartieri che hanno spesso superato l’emergenza registrata nei pressi dell’Ilva di Taranto. “Si rimanda tutto alla futura Aia (Autorizzazione integrata ambientale, nda), mentre al momento è ancora in vigore quella precedente in regime di prorogatio, e scaduta lo scorso febbraio”. Un’Aia che il pm Federico Frezza, in una conferenza stampa di ormai un anno fa, aveva definito “vaga e generica, talmente generica da non essere violabile”.
Eppure, nonostante la vaghezza e genericità dell’Aia, sembrerebbe che si sia riusciti a violarla. “Otto recenti episodi di inquinamento” hanno infatti spinto la Procura di Trieste ad aprire un nuovo fascicolo: sotto indagine è finito, ancora una volta, Francesco Rosato, stavolta per vicende successive al recente cambio di proprietà. L’amministratore di Siderurgica Triestina è accusato, oltre che di non aver rispettato l’Aia, anche di una serie di violazioni relative all’omesso controllo del ciclo produttivo, della mancata adozione dei migliori apparati anti-inquinamento e della carente manutenzione della cokeria, la quale avrebbe dovuto permettere una riduzione degli inquinanti emessi dallo stabilimento siderurgico.