Un balletto di cifre che comporta ritardi e costi per i consumatori. E che potrebbe costare il posto all’amministratore delegato della Sogin, Riccardo Casale. Al termine di un’audizione informale che si è conclusa con un atto formale. Una lettera che tredici senatori della commissione Industria di Palazzo Madama hanno indirizzato ai ministri dell’Economia e dello Sviluppo economico per segnalare «la loro preoccupazione per la situazione» della Società gestione impianti nucleari, interamente controllata dallo Stato, responsabile dello smantellamento delle vecchie centrali dismesse (il cosiddetto decommissioning) e del trattamento e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi. Ma, soprattutto, per chiedere al governo di prendere «rapide e incisive iniziative» per assicurare «una gestione in grado di recuperare i ritardi, altrimenti onerosi per i consumatori, e di attuare gli obiettivi industriali nei tempi previsti». Una bocciatura, in buona sostanza, dell’operato di Casale sfiduciato di fatto dagli autori della missiva.
I RILIEVI DELLA COMMISSIONE – Nel mirino della commissione Industria sono finiti i «ritardi, inattesi e gravi, nell’attuazione del piano quadriennale di attività 2014-2017» della Sogin, chiarisce la lettera che Ilfattoquotidiano.it pubblica in esclusiva, emersi durante le audizioni «sulle strategie dei nuovi vertici delle principali società direttamente o indirettamente controllate dallo Stato». A non convincere gli autori della missiva trasversale (tra i quali il presidente della commissione Massimo Mucchetti del Pd, primo firmatario, e i due vice presidenti Paola Pelino di FI e Nunziante Consiglio della Lega), il «doppio ridimensionamento del piano quadriennale varato dalla gestione precedente nel giugno 2013» che l’11 novembre Casale ha presentato «come un piano elettorale eccessivamente ambizioso, benché fosse stato a suo tempo approvato dal governo». Così, nel dicembre 2013, arriva la prima rimodulazione firmata Casale che «comporta un taglio di circa 130 milioni di euro alle attività di decommissioning». La seconda, invece, nell’ottobre 2014, quando l’ad di Sogin ha portato in cda un’ulteriore riduzione di altri 120 milioni per il solo triennio 2015-2017. Risultato: «La riduzione di attività di decommissioning sul quadriennio 2014-2017 ammonta a ben 250 milioni di euro».
GLI EFFETTI SUL DECOMMISSIONING – Una situazione che «suscita allarme» tra i componenti della commissione Industria del Senato. Non solo perché le nuove cifre fornite da Casale «contrastano radicalmente con il quadro ottimistico tracciato in precedenza dall’amministratore delegato» che «ancora ai primi di agosto 2014, annunciava l’accelerazione marcata delle attività di decommissioning». Ma anche perché, sottolineano i tredici senatori, «lo stato di avanzamento dei progetti pluriennali come quelli tipici della Sogin va monitorato con tempestività per evitare che le criticità, sempre possibili, si cristallizzino con il duplice effetto negativo di generare oneri ulteriori e imprevisti e di rallentare l’esecuzione delle opere». Proprio quello che si starebbe verificando in casa Sogin. Mucchetti e gli altri senatori lo denunciano: il piano revisionato comporterà «un potenziale ritardo di 14 mesi nel completamento del decommissioning» con un costo aggiuntivo «di circa 150 milioni che viene automaticamente scaricato sulla bolletta elettrica delle piccole e medie imprese che il governo ha promosso con il decreto competitività».
TENSIONI NUCLEARI – Insomma, un disastro. Che, nella cronaca delle recenti vicende sul nucleare non è isolato. Solo qualche settimana fa, infatti, un’altra polemica era scoppiata a causa della nomina di
Antonio Agostini a presidente dell’Isin, l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, sul cui nome, proposto dal ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, erano stati sollevati non pochi dubbi da diversi componenti delle commissioni competenti di Camera e Senato che ne avevano messo in discussione i requisiti professionali richiesti dall’incarico. Gli echi della querelle non si erano ancora spenti che il caso del piano della Sogin accende una nuova polemica sul delicato tema del nucleare. E ancora una volta il Parlamento arriva prima del governo.
Twitter: @Antonio Pitoni