Non occorre essere credenti per avere un senso religioso della vita e per saper distinguere ciò che è bene da ciò che non lo è. Per esempio, basta assistere a una messa domenicale e anche chi ritiene che l’ostia consacrata sia soltanto un frammento di pane azzimo non potrà non riflettere sul raccoglimento delle persone che si avvicinano all’altare; su quel preciso momento in cui in esse sembra dileguarsi ogni fatica, ogni dispiacere del mondo quotidiano. Perfino l’ateo più incallito non potrà non riconoscere che quei fedeli abbiano trovato un benessere interiore che, magari per un solo istante, li renderà per così dire migliori.
Lì certamente batte il cuore di una comunità unita nella fede, lì c’è la Chiesa che aiuta e che consola. Ma ne esiste un’altra di chiesa, purtroppo, ed è sufficiente leggere le quindici malattie della Curia romana secondo papa Bergoglio per comprendere come la descrizione puntuale di quei mali non riguardi soltanto le porpore vaticane smarrite nei propri vizi e affette da “Alzheimer spirituale”. Perché è così che Francesco continua a parlarci della battaglia finale tra forze opposte che convivono sotto la stessa croce. Senza scomodare gli angeli e i demoni di Dan Brown, non è uno scontro di potere: è in gioco l’affermazione o la sconfitta dei valori universali di pace, di uguaglianza, di tolleranza e di giustizia sociale, dentro ma anche oltre i confini della dottrina cattolica.
Solo che, sembra avvertirci Bergoglio, la coesistenza (tante volte descritta su queste pagine da Marco Politi) tra la Chiesa della carità e la chiesa del carrierismo, tra quella altezzosamente dottrinaria e quella che preferisce stare tra la gente, è sempre più difficile e impone ormai una scelta di campo. Che non riguarda solo i cattolici, ma anche il mondo laico che non può fare finta di non vedere. Perché, se perde Francesco, con lui si consumerà una speranza formidabile di dialogo e di rinnovamento, mentre la restaurazione svuoterà di nuovo piazza San Pietro e il cuore di milioni di persone. Per questo Francesco combatte per tutti gli uomini di buona volontà. Per questo bisogna stargli accanto.
Ps. Al cospetto di questa affascinante e drammatica rivoluzione, fanno sorridere coloro, che solo per aver cambiato (spesso in peggio) alcune leggi, annunciano continue mirabolanti “rivoluzioni” e si sentono profeti del cambiamento. Anche a loro auguriamo buon Natale.
Il Fatto Quotidiano, 24 Dicembre 2014