Quest’estate, nel momento più intenso della guerra, le bombe israeliane colpivano la Striscia di Gaza una volta ogni cinque minuti. Hamas rispondeva con il lancio di un razzo ogni dieci minuti. Gli ordigni, carichi di mezzo tonnellata di esplosivo, sganciati dall’aviazione israeliana hanno spinto il più di 500mila persone, 30% della popolazione gazawi, a lasciare le proprie case. In molti hanno trovato rifugio nella scuole delle Nazioni Unite, talvolta colpite anch’esse dai raid, ma alla fine dei bombardamenti in oltre 20mila non sono potute tornare alle proprie case. Secondo i dati dell’Ocha sono 17mila le abitazioni distrutte e quasi 40mila quelle rese inagibili. La ricostruzione non è partita, mancano i materiali edili. Israele li blocca i valici per paura che una volta entrati nella Striscia vengano usati da Hamas per scopi militari. Intanto è arrivato l’inverno, mite e mediterraneo, ma freddo per essere affrontato dalla popolazione gazawi, il 50% della quale minore di 16 anni, coperta solo da un telo di plastica issato tra le macerie di Cosimo Caridi montaggio Andreas Mazzia
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