Guardate la tabella riassuntiva delle prescrizioni dell’autorizzazione AIA Ilva 2012. Scoprirete che ad oggi tutte le 96 prescrizioni, tranne la n.1, dovevano essere entrate in vigore da tempo.
L’ultimo decreto di Renzi rinvia invece a data indefinita la realizzazione del 20% delle prescrizioni più stringenti che imponevano le migliori tecnologie disponibili per l’area a caldo. Si parla di un 80 per cento di applicazione dell’AIA entro luglio dell’anno prossimo e il resto da stabilire con un decreto del presidente del Consiglio.
Attenzione: quel restante 20% è la parte più importante e costosa. Da sola costa oltre il 90% dell’AIA.
Gira la bufala di una risistemata dell’Ilva con 2 miliardi di euro trovati da Renzi chissà dove: in realtà al commissario verranno messi a disposizione 375 milioni presi da fondi europei (divisi tra il piano di azione e coesione e i Fesr) e 137 milioni presi dalla Cassa Depositi e Prestiti.
Quindi in totale siamo a 512 milioni di euro che non sono sufficienti neppure ad adempiere alla prescrizione n.16 (rifacimento batterie cokeria, altoforni, copertura area gestione rottami ferrosi, interventi sulle rotanti dell’impianto di sinterizzazione).
Il vero pericolo – e la beffa incorporata – del decreto Renzi sull’Ilva sta proprio qui. Quante vittime lascerà sul campo una tale “politica della tartaruga” finalizzata a rimandare ad un futuro indefinito la messa a norma degli impianti dell’area a caldo (ancora sotto sequestro) la cui facoltà d’uso è vincolata proprio all’esecuzione tempistica degli interventi di adeguamento?
La scelta prioritaria di Renzi sembra quella di evitare che vengano processati i responsabili della nuova gestione statale dell’Ilva. Come? I nuovi manager si atterrebbero burocraticamente ad un’Aia che procederà a passo di tartaruga. I nuovi commissari non saranno più inadempienti, infatti l’Aia-lumaca farà loro da scudo. Per evitare di quantificare i danni sanitari di tutto questo allentamento delle prescrizioni non verrà rifinanziato lo studio epidemiologico, e infatti nel decreto Renzi non ve ne è traccia. Fateci caso. Eppure un aggiornamento dello studio epidemiologico su Taranto costerebbe dagli 80 ai 100 mila euro. Una cifra modesta che però non verrà spesa per evitare di conoscere la verità.
Ciò che è inaccettabile è che le prescrizioni previste per l’Ilva a gestione pubblica siano più blande rispetto a quelle previste per l’Ilva a gestione privata. Il pubblico diventerà meno garantista del privato.
Questo è una sorta di “salvacondotto” costruito per garantire l’immunità ai manager statali di un’Ilva che non rispetta più il cronoprogramma del 2012. Si inquinerà e ci saranno verosimilmente nuove vittime dell’inquinamento, ma il tutto avverrà a norma di legge dato che i nuovi manager potranno prendersela comoda: per loro ci sono proroghe a volontà e dilatazione dei tempi delle prescrizioni impiantistiche.
È in arrivo un’immunità ambientale per difendere gli uomini di Renzi che non potrebbero essere indagati per l’attuale situazione di inquinamento. E l’inquinamento è collegato al mancato rispetto delle regole fissate nella legge “salva-Ilva” del dicembre 2012, regole che la Corte Costituzionale riteneva inderogabili.
Ma tutto questo da ora in poi va in pensione: ciò che nel 2012 era illegale da ora in poi diventa legale.
Tutto risolto? Assolutamente no.
Faccio notare che la magistratura è intervenuta nel 2012 sequestrando gli impianti Ilva più inquinanti anche se essi si attenevano all’Aia del 2011. Il peggioramento dell’AIA ridisegnata da Renzi porrà a mio parere grossi problemi sia perché viola le normative europee, sia perché la Corte Costituzionale, nella sua sentenza del 2013, aveva riconosciuto il diritto della magistratura di intervenire nel caso in cui il cronoprogramma dell’Aia 2012 non fosse rispettato. La Corte Costituzionale individuava un “punto di equilibrio” in quell’Aia che ora va definitivamente in soffitta. Far risultare formalmente rispettato il cronoprogramma Aia “rallentandolo” e “annacquandolo” per decreto è un’operazione talmente artificiosa che a mio parere non verrebbe tollerata, specie se in presenza di pericoli perduranti per la salute e per l’ambiente.