clochardChi giunge alla stazione Termini di Roma non può non vederli: una lunga fila di giacigli abbandonati sotto i portici dello scalo ferroviario simbolo della Capitale dove, ricoperti di poveri stracci, altrettanti esseri umani affrontano le notti sempre più gelide, sperando di risvegliarsi all’indomani. E come loro, sono circa ottomila sparsi in tutta la città, gli uomini e le donne che hanno perso tutto e che sanno di poter perdere l’ultima cosa che gli resta, se la temperatura dovesse scendere ancora.Ebbene, di fronte a una tragedia permanente, il Comune dice di poter mettere a disposizione poche centinaia di posti negli appositi ricoveri. Di letti al riparo ce ne sarebbero molti di più ma, questa l’incredibile risposta burocratica, appartengono a cooperative e associazioni comprese nella “lista nera” dell’indagine su Mafia Capitale e sono quindi inutilizzabili.

È come se un’ambulanza non potesse soccorrere la vittima di un incidente stradale agonizzante sull’asfalto solo perché il conducente non ha la fedina penale pulita. Il sindaco Marino che, come da comunicato, il giorno di Natale distribuiva a Sant’Egidio pasti caldi ai poveri dovrebbe altrettanto lodevolmente trasformare l’atto caritatevole di un giorno nell’emergenza di tutto il tempo necessario, facendo il possibile e l’impossibile per salvare la vita a coloro che i Buzzi e i Carminati trattavano, appunto, come appalti da spolpare.

Del resto, a Milano, di clochard al gelo se ne contano addirittura 14 mila, ma chi se ne occupa? Sono, come del resto i naufraghi della Sicilia, i fastidiosi scampoli di un’umanità frantumata dalla crisi economica, dalle guerre e dalla disperazione che nel Natale degli auguri sdolcinati e dal cuore di pietra preferiamo ignorare.

Il Fatto Quotidiano, 27 dicembre 2014
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