Alì Agca non deve essere espulso dall’Italia, perché ha dichiarato di avere informazioni su Emanuela Orlandi. E ha detto che la ragazza è ancora viva. Sono queste le ragioni che hanno motivato l’istanza alla Procura di Roma depositata dai legali di Pietro Orlandi, il fratello della ragazza di cittadinanza vaticana scomparsa nel 1983 a 15 anni e mai più ritrovata. Un’istanza che però è stata rigettata dal giudice. “Non esiste alcun bisogno di ascoltarlo nuovamente – spiegano i magistrati – in quanto negli anni ha fornito decine di testimonianze al riguardo in pubblico e nel corso di processi e non è considerato attendibile“. Agca, attentatore di Giovanni Paolo II e già membro del gruppo dell’estrema destra turca dei Lupi grigi, sarà quindi espulso dall’Italia questa sera, lunedì 29 dicembre, e ripartirà con un volo per Istanbul. “C’è un indagato che si è autoaccusato del sequestro di Emanuela e ha fatto il nome di Agca – aveva spiegato Pietro Orlandi – Quale occasione migliore per verificarlo?”.
Gli avvocati Massimo Krogh e Nicoletta Piergentili ritenevano che Agca dovesse essere sentito dai magistrati sulla scomparsa di Emanuela. “Mi auguro che la procura approfitti dell’occasione – aveva detto domenica Orlandi al Tg Lazio della Rai – Agca ha fatto dichiarazioni precise su Emanuela e sempre le stesse. Una volta, anni fa, disse: ‘E’ viva e la sua incolumità viene garantita’. Come faceva a dirlo? Mi ha sempre detto che ha voglia di essere ascoltato dalla procura”. In altre occasioni, l’ex terrorista ha affermato che Emanuela Orlandi sarebbe segregata in un convento. Tutte informazioni mai verificate con un interrogatorio.
L’attentato al Papa e il ritorno a Roma – Il 13 maggio 1981, Alì Agca si presentò in piazza San Pietro armato di pistola e, quando l’auto di Papa Wojtyla si avvicinò, estrasse l’arma e sparò due colpi contro il Pontefice, riducendolo in fin di vita. La corsa all’ospedale e l’operazione d’urgenza salvarono Giovanni Paolo II che, due anni dopo, decise di incontrare in carcere l’uomo di origini turche e di perdonarlo. Dopo 31 anni dall’ultimo incontro Alì Agca – che è uscito dal carcere turco il 18 gennaio 2010 dopo aver ricevuto la grazia dal presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, e ha scontato una condanna a 10 anni per l’omicidio di un giornalista – ha deciso di tornare in piazza San Pietro chiedendo di incontrare Papa Francesco e rendere omaggio alla tomba di Wojtyla, posandovi due mazzi di rose bianche. Si trattava del 31esimo anniversario del suo incontro con il pontefice a Rebibbia, avvenuto il 27 dicembre 1983. Lì è stato bloccato dalla polizia italiana per i controlli amministrativi.
L’ex terrorista, però, è entrato in Italia illegalmente, senza un regolare visto. Secondo le prime ricostruzioni, l’uomo sarebbe partito in macchina dalla Turchia, accompagnato da altre persone, avrebbe attraversato la Serbia e sarebbe entrato nel Paese passando dall’Austria. Dopo il controllo dei documenti, la questura di Roma ha avviato la procedura di espulsione dell’uomo dal Paese.