L'Agenzia delle Entrate ha analizzato da che cosa dipende la differenza tra l'ammontare delle imposte dovute e quelle effettivamente incassate. Il 77% dell'imponibile evaso è legato ai consumi finali delle famiglie, contro il 23% riconducibile alle imprese
In tre anni, dal 2007 al 2010, in Italia l’Iva evasa ha toccato quota 231 miliardi di euro. Lo calcola l’Agenzia delle Entrate nella sua analisi sul tax gap, cioè la differenza tra l’ammontare delle imposte che l’amministrazione fiscale avrebbe dovuto raccogliere e quello che ha effettivamente incassato. Il 77% dell’imponibile non versato, si legge, è legato ai consumi finali delle famiglie, contro il 23% riconducibile alle imprese. Il mancato pagamento dell’imposta, al Sud e nelle isole, vale 83 miliardi di euro (circa il 35% del totale). Seguono il Nord-Ovest, che pesa per il 27% del “buco”, il Nord-Est (21%) e il Centro (17 per cento).
Dall’analisi delle Entrate risulta che le regioni più virtuose, cioè quelle in cui i valori complessivi relativi all’evasione dell’Iva sono più bassi, sono il Lazio, la Valle d’Aosta e il Trentino Alto Adige. Il Nord Est presenta i numeri più alti per quanto riguarda l’evasione delle imprese rispetto alla media nazionale, ma al contrario le famiglie dell’Italia settentrionale risultano più virtuose di quelle del Sud.
Il report analizza anche l’effetto deterrente causato dall’aumento dell’1% dell’attività di “enforcement” (espressa in termini di somme riscosse da accertamento), sull’evasione dell’Iva. Questo rafforzamento dei controlli avrebbe causato una diminuzione del 7 per cento del gap di base Iva.