Non da sempre il Sud giace privo di capacità di autonomo pensiero. È divenuto “oggetto” del pensiero altrui nella lunga trama della sua storia. Del riscatto possibile parla in questo libro il Prof. Franco Cassano. Per una soluzione di continuità nella perpetua “vendita all’incanto che gli stessi meridionali hanno organizzato delle proprie terre”. Per sottrarre il Sud dalla stereotipata oscillazione tra meravigliosa meta turistica delle “ricche plebi della civiltà industriale” che riempiono il vacuum della vacanza estiva e terre in cui spadroneggia la criminalità organizzata. L’innesco di un tale mutamento di pensiero parte da un primo ingrediente: la lentezza, da opporre al vorticoso turbocapitalismo. “A fronte della monocromia della velocità, i mille colori che si possono percepire solo quando la vita rallenta”. Fino a superare il concetto di libertà e felicità ridimensionata ad agevole target domestico, avulso dal contesto sociale e ambientale. Inutile illudersi di profumare l’aria della propria casa se a mezzo kilometro si è lasciato compiere l’ennesimo scempio ambientale fatto di emissioni nocive e cancerogene. Inutile adornare un balcone, se il giardino pubblico dove un tempo si incontravano tutti i bambini è ormai completamente rinsecchito sotto i colpi dell’incuria e del vandalismo. La contrazione della dimensione pubblica della nostra vita ha risucchiato la nostra capacità di pensare al bello e il nostro coraggio. “il coraggio che non fa subire il torto, che fa ribellare”. E la nostra brutta modernità ha portato la bellezza in esilio.
Di Fiore è in netta dissonanza rispetto all’approccio storiografico con cui, a tinte epiche, fu raccontata l’unificazione, culminato nell’impresa garibaldina.
Lo stato napoletano fu oggetto di un mirato attacco politico internazionale. Le logge inglesi procurarono denaro e uomini alla guerra di unificazione piemontese. Anche se, racconta Di Fiore, il grosso della somma – 500 milioni su 630 per finanziare la spedizione -, fu prelevato dai depositi del governo napoletano. Tra i Mille di partenza c’erano solo 91 meridionali. Un mercimonio di ufficiali e dignitari aveva preceduto lo sbarco. Il testo parla di debito pubblico: al momento dell’unificazione, quello delle Due Sicilie era di 26 milioni di lire, contro i 64 del Piemonte. E della “estensione delle tasse sarde nelle nuove province. Fu un trauma per il Sud, abituato a sole cinque imposte applicate nel Regno borbonico. Ventidue erano state invece le tasse introdotte in Piemonte dal 1850”.
La Controstoria richiama l’oscura vicenda del cassiere dei Mille, Ippolito Nievo, che si imbarcò nel 1861 per riconsegnare la documentazione inerente la gestione dei finanziamenti della Spedizione. Su cui infuriavano le polemiche. Quando la nave che lo riportava a Napoli giunse nei pressi di Capri si inabissò improvvisamente. Ne parlò il pronipote Stanislao in un suo romanzo.
Di Fiore delinea la figura di Liborio Romano, già uomo di stato dei Borbone, poi prefetto di polizia coi Savoia. Egli, all’arrivo di Garibaldi a Napoli, si rivolse alla camorra per mantenere l’ordine, garantendo impunità e distribuendo cariche da funzionari di polizia. Memorabile e documentato il suo incontro col camorrista Salvatore De Crescenzo. In Sicilia, grazie all’aiuto dei picciotti, il Plebiscito fu un successone. Come riferisce Di Fiore, i picciotti comprarono le schede elettorali per soli 2 scudi.
Ancora, la promessa garibaldina della terra ai contadini. Nel luglio 1860, credendo ai suoi proclami demagogici, essi invasero le terre con dimostrazioni in diverse province. Ma a Bronte, dove i proprietari dei latifondi occupati erano inglesi, i liberatori mostrarono il loro volto peggiore sotto il comando di Nino Bixio, con una sanguinosa fucilazione in piazza.
O l’assedio di Gaeta, in cui furono bombardate chiese e ospedali. Il campo di concentramento di Fenestrelle in cui furono detenuti e morirono moltissimi militi borbonici che si rifiutavano di entrare nelle fila dell’esercito piemontese.
E le gesta di militari savioardi come Cialdini, che portarono la libertà ai “cafoni” a suon di deportazioni, razzie e saccheggi spietati. Avvalendosi di leggi speciali come la legge Pica. Giustizia a doppia velocità nella nuova Italia: Statuto albertino al nord e legge militare al Sud. Fucilazioni sul posto per uomini donne e bimbi in odor di brigantaggio e nessun diritto alla difesa. Lo stesso La Marmora parlò di oltre 5000 esecuzioni. Ma oggi, si scopre, furono assai di più.