Numeri mortuari
L’abbiamo già osservato l’anno scorso, nel post con cui s’inaugurava questo blog: a Napoli è il numero 48 a rappresentare alla tombola ’o muorto che parla; il 47 è lapidariamente – e pour cause, vien da dire – ’o muorto. Nella filmografia di Totò, sulla loquacità del caro estinto, aggiungevamo allora, non c’è solo la pellicola che, nel 1950, il numero 47 l’ha incoronato. Il principe della risata, tredici anni più tardi, in una scena da antologia degli Onorevoli, avrebbe nuovamente gridato il 47 e qualcuno avrebbe prontamente risposto: «Morto che parla!».
L’abbinamento del 47 al “morto che parla”, nel gioco della tombola, se per un napoletano suona come un affronto (o un’eresia), a chi di Napoli non è appare normale, e l’apparentamento al 48 una specificità partenopea. Anche in altre zone della penisola, quando parla, il morto corrisponde perlopiù al 47.
è così a Chioggia e a Fabriano, a Foggia e a Livorno, a Tivoli e in diverse città siciliane, per es., o ancora a Lodi (“El mort che parla”). Qui i riferimenti funerei si compongono in florilegio: “La tumba, l’om che parla” (48); “El füneral in grand” (76); “Miŝél”, custode del cimiteri» (49); “La mort impruiŝa” (58); “El füneral” (79), insieme alle “scale del tribünal”; e alla casella 13, in condominio con “el menagram”, ricompare “la mort”.
C’è poi il caso di Venezia, che di associazioni mortuarie al 47 e al 48, quali che siano, non vuole invece saperne. Nei Giochi e indovinelli popolari veneziani di Domenico Giuseppe Bernoni (Venezia, Filippi, 1968) c’è un “Morto” al 50, una “Morta resusitada” al 37 e nulla più; la casella 47 risponde con “S. Luca protetor dei bechi o dei marii”, la 48 con “I Santi Apostoli. I gobi de’ Santi Apostoli. Governo provisorio”.
Nomenclature popolari: uno spaccato di Roma
Gustose minirassegne di ricreazione popolaresca dei numeri della tombola sono due poesie dialettali, entrambe di provenienza romana (Antonio Venditti, La tombola di Natale rallegra “casa nostra”,
Il primo componimento è un sonetto di Pietro Gibertoni, vissuto a cavallo fra il XIX e il XX secolo:
«Allora, cominciate a perde er fiato!
Trentuno, trenta, trentatré». — «E smucina!».
«Cinquanta e sessantuno rivortato,
trentotto». — «E daje giù co’ sta trentina!».
«Dieci, pulenta, ventisei, Pilato…».
«Tireme er ventinove, Teresina!».
«Ecchelo er ventinove. L’ha chiamato!».
«Davero? Allora ecchela qua: cinquina!».
«Sta fermo co’ le mano”. Sei, pangiallo».
«Ma de chi so’ sti piedi? È ’na disdetta,
è ’n’ora che me stanno a pista’ un callo!».
Pietruccio, tonto già dar vino e er sonno,
se sbaja co’ li piedi de Ninetta
e pista invece quelli de su nonno»
Il secondo componimento è di Antonio Ilardi, e darebbe conto di una partita di tombola giocata nel lontano 1883 (Antonio Venditti, La tombola di Natale, cit.):
«’Mbè je la famo?… Tiro?… Sete pronte?».
«Aspetta, famme mette armeno a sede…».
«Tira piano…». – «Che sete sorde e tonte?».
«Da sta parte nemmanco ce se vede!».
«Fatte impresta’ l’occhiali dar Curato!».
«Stateve zitto, là… Perdete er fiato».
«Magara tutto!…». – «E daje?…». – «Purcinella [75],
La Purce [38], li Pollastri [27], er sor Ninetto [1],
Moneta [26], Madre [52], Pena [51], Carettella [22],
Bacio [2], la Caponera [14], er Diavoletto [13],
Er Prete [28], er Fiume [81], avò, Papa Leone [58],
Zero, er più vecchio [90], er Gatto [3], un bel Lampione [10]».
«è uscito er venticinque?…». — «Sta in padella!».
«Statece attenta…». — «Che ’n se po’ arisponne?».
«Tavola apparecchiata [44], la Barella [16],
li Pidocchi [37], le Gamme delle Donne [77],
Er Frate [43], li Palloni [88], la Lanterna [54]…».
«Abbasta!!! Sì ’um me sbajo è la quaterna».
«Che culo!». — «Cuminciamo a uprì er soffietto?».
«State zitte, nun fate confusione».
«Che te fa tazza? Magnete l’aietto».
«Si seguita accusi fo’ Napulione.
Tiro?… Er Natale [25]…». — «Mette Crementina…».
«Basta!» — «Colla medesima: cinquina!».
«Daje!…». — «Scànnete». — «È escito er trentanove?».
«Sta a mollo, che s’asciutta!» — «Gallinaccio [6],
Fratello [89]». — «Sta defora er dicinnove?».
«Vierrà!». — «Cortello [41], Foco [8], Campanaccio [9],
La Pulitica sporca [39], Imbriacone [19].
«Tommola!». — «Je s’è aperto er chiccherone».
«Reggistra si ciammanca quarche palla…».
«Hai voja a baccajane, mo’ è finito…».
«L’ha contate du’ vorte, Rosa e Lalla».
«Ma conta». — «Va a contalle a tu marito».
«Storcete puro er collo, faccia bella…».
«è pagabile a vista… la cartella!».
Ogni commento è superfluo.
di Massimo Arcangeli, Sandro Mariani