Due isobare storiche, geografiche, fotografiche ed emozionali: la prima si sviluppa in latitudine tra la Russia, l’Ucraina, il Medio Oriente e l’Iraq. La seconda scende dagli Stati Uniti d’America e termina sull’isola di Cuba. Sono le coordinate immaginarie che legano gli eventi internazionali per i quali ricorderemo il 2014. Un anno che si infiamma agli inizi di marzo con la rivolta cui la popolazione filorussa in Crimea dà vita per protestare contro la caduta di Viktor Yanukovic a Kiev e il conseguente ingresso dell’Ucraina nella sfera d’influenza dell’Ue. L’Occidente accusa Vladimir Putin, l’est del Paese esplode in una guerra civile le cui vicende umane si intrecciano con quelle dei 298 passeggeri morti nell’esplosione del volo MH17 della Malaysia Airlines che il 17 luglio sorvolava i cieli ucraini: l’unica certezza è che l’aereo venne abbattuto, le indagini proseguono e ancora oggi Mosca e Kiev si addossano la colpa a vicenda.
Intanto, diversi gradi di latitudine più a sud, il Medio Oriente esplode. L’8 luglio l’Israel Defense Force lancia l’operazione “Protective Edge” nella Striscia di Gaza. Il premier israeliano Benyamin Netanyahu decide di punire Hamas dopo il rapimento e l’uccisione di tre ragazzi israeliani e l’enclave palestinese in territorio israeliano si trasforma nell’inferno: i proiettili esplosi dai carri armati e i cacciabombardieri dell’Idf causeranno la morte di oltre 2.100 persone, la maggior parte civili, di cui oltre 500 bambini. I volti dei fanciulli resteranno impressi nella memoria storica dell’umanità a raccontare l’altra grande tragedia del 2014: l’avanzata dello Stato Islamico in Iraq e Siria. I bambini sono quelli di fede cristiana costretti con le loro famiglie a fuggire da Mosul dopo il 10 giugno, giorno in cui gli jihadisti conquistano la città. Ma sono anche quelli di etnia yazidi costretti a lasciare le loro terre e a rifugiarsi con le loro famiglie tra i monti di Sinjar per sfuggire alla furia dei fondamentalisti. Che non risparmia i giornalisti occidentali: il 19 agosto l’Isis diffondo il video-shock della decapitazione del reporter statunitense James Foley. Seguiranno quelli di Steven Sotloff (2 settembre), David Haines (14 settembre), Alan Henning (30 ottobre) e Peter Kassig (16 novembre).
L’altra isobara si sviluppa sempre da nord a sud, ma sull’altra sponda dell’Atlantico. Se in Nord America Barack Obama il 4 novembre ingoia una storica disfatta nelle elezioni di medio termine e i democratici perdono il controllo del Senato, il presidente Usa ha ora le mani libere per organizzarsi e lasciare la sua impronta nella storia: così, con la mediazione di Papa Francesco, firma lo storico disgelo tra Washington e l’Avana e pone le basi per la fine del pluridecennale embargo statunitense a Cuba. Ad unire le due sponde dell’oceano, una delle maggiori emergenze sanitarie degli ultimi decenni: il virus ebola. Oltre settemila vittime in Africa e una psicosi che per mesi attanaglia l’Occidente dall’Europa agli Stati Uniti. L’ennesima crisi internazionale che il 2014 lascia in eredità al 2015.